Dal Forum Shackleton l’invito a pensare “laterale”

Dal Forum Shackleton l’invito a pensare “laterale”

L’università li ha educati all’empirismo dei numeri e della logica scientifica, funzioni che appartengono all’emisfero sinistro del nostro cervello. Adesso però è il momento che i farmacisti comincino a dare fondo anche alle risorse dell’emisfero destro, ossia la creatività e la prospettiva. Perché la farmacia può affrontare il cambiamento e rispondere alle sfide del presente soltanto se fa propri i canoni del pensiero laterale. Si può riassumere in questi termini il messaggio che arriva dal III Forum Shackleton Consulting sull’innovazione in farmacia, organizzato la settimana scorsa al Kilometro rosso di Bergamo, il Parco tecnologico che raccoglie le eccellenze dell’industria e della ricerca italiana.


Pensiero laterale. Come ha spiegato nell’intervento di apertura Sara Langhetti, di Shackleton, si definisce in tale modo quell’inclinazione creativa che prende a prestito esperienze o innovazioni altrui, le adatta alle proprie specificità e finisce per dare vita a qualcosa di nuovo e originale. «E’ nell’emisfero destro che risiede il pensiero laterale» ha detto Langhetti «ed è l’emisfero destro che oggi la farmacia deve far funzionare al massimo delle sue possibilità».
Pensiero laterale significa dunque guardarsi attorno e non aver paura di andare a scoprire che cosa stanno facendo altri canali, che siano o no concorrenti della farmacia.


Al Forum sono stati aperti diversi squarci sulle innovazioni che stanno caratterizzando il mondo del retail. Daniele Tirelli, di Popai Italia, ha riportato i casi di Costco, catena americana di ipermercati all’ingrosso da poco sbarcata in Francia, caratterizzata da un lay out dei punti vendita in stile discount, e di Grand Frais, insegna transalpina emergente specializzata nel “fresco” che sta forum shackletonmettendo in forte difficoltà colossi come Leclerc (in Italia nel gruppo Conad). «Il filo rosso che unisce tutte queste esperienze» ha ricordato Tirelli «è rappresentato da un consumatore deluso dai grandi marchi che si è progressivamente trasformato in uno shopper scaltro e oculato».


Che il cliente di oggi sia più esigente che paziente lo ha confermato Isabella Cecchini, di Gfk Eurisko: «Il 75% delle famiglie dichiara che la crisi ha impattato sui loro consumi» ha spiegato «e tra gli italiani si registra un netto calo di fiducia verso tutti i suoi interlocutori, da quelli istituzionali – come la politica – a quelli sociali». Il risultato è un consumatore che vuole sapere ed essere informato, per poter scegliere autonomamente dove risparmiare. «Finora salute e benessere si sono salvati dalla stretta dei consumi legata alla crisi» ha continuato Cecchini «ma ora la tendenza sta cambiando. E il generico ha convinto gli italiani che anche sul farmaco si può risparmiare». Questo comunque non deve far dimenticare che salute e benessere sono un valore sensibile per una fetta crescente di popolazione: «La quota di persone che dichiara di effettuare controlli periodici sulla salute passa in pochi anni dal 36 al 45%» ha rammentato Cecchini «e cresce il numero di coloro che evidenzia una cultura progettuale della salute». Di fronte a un consumatore che sta cambiando, diventa quindi importante acquisire nuove competenze e prestare massimo risalto all’esperienza di acquisto: «non conta il prodotto ma la shopping experience, l’interazione che trasmette il valore del prodotto».


Il consumatore temprato dalla crisi, poi, non disdegna l’impiego delle tecnologie “mobile” per trovare più velocemente ciò che gli serve. «Ormai» ha rivelato Andrea Bosso, di Domino «un quarto delle ricerche effettuate su Google hanno valore locale, cioè mirano a localizzare destinazioni distanti dall’utente soltanto qualche chilometro. E sugli smartphone, la percentuale sale al 50%». Il consumatore, in sostanza, ha traslato nel web la rete dei propri interessi quotidiani. «Ormai» ha continuato Bosso «un brand che non appare nei primi risultati di una ricerca su Google suscita diffidenza. Il digitale è oggi decisivo per una solida reputazione».


Per la farmacia, dunque, è arrivato il momento di leggere “i segnali”. «Il canale si sta difendendo bene ma c’è ancora da lavorare» ha detto Nicola Posa, senior partner di Shackleton, nel suo intervento finale «di certo c’è ancora molto da fare sul piano della comunicazione, interna ed esterna. I titolari poi devono imparare a stare più spesso fuori della loro farmacia: per vedere che cosa fanno gli altri e anche per andare a “prendere” i clienti sulla strada e portarli dentro». Fondamentale, poi, rendersi conto che non si può governare la farmacia senza avere un prospetto delle sue performance costantemente aggiornato. «Spesso chiedo a un titolare quanto fa di etico e commerciale, lui risponde secco 50 e 50, poi andiamo a vedere i conti e scopriamo che in realtà fa 70 e 30. E’ evidente che così non va: qualche farmacista non trascura soltanto l’emisfero destro, quello del pensiero laterale, ma dà poco ascolto anche all’emisfero sinistro, quello della razionalità e dei numeri».

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