Equivalenti e sostenibilità, binomio che convince

Equivalenti e sostenibilità, binomio che convince

Di questi tempi, l’attenzione al tema della sostenibilità è un must. Se parliamo di Salute, poi, l’esigenza si fa sentire ancor più forte: le cure, anche in tempi di crisi, non possono mancare. Tuttavia qui il meccanismo di diventa ancora più complicato perché si declina non solo nella rappresentazione di «risparmio del sistema pubblico», ma anche in quella di «vantaggio personale». Gli italiani identificano nella «prevenzione» e nell’impiego di «farmaci equivalenti» due strumenti efficaci per combattere gli sprechi e garantire al Servizio sanitario nazionale sostenibilità ed efficienza. A dirlo l’indagine quali/quantitativa di Doxa, “Sostenibilità delle cure, chi è il responsabile?”, presentata il 30 ottobre a Milano e commissionata da Teva Italia, azienda leader nel settore farmaceutico, da sempre impegnata nel rendere accessibili cure di alta qualità attraverso lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione sia di medicinali equivalenti sia di farmaci innovativi, specialità farmaceutiche e principi attivi.


La ricerca ha preso in esame un campione costituito da 600 soggetti, uomini e donne di età compresa tra i 18 e i 64 anni. Dai risultati è emerso che esistono principalmente tra gli italiani quattro atteggiamenti riferiti alla sostenibilità della cura: la figura del “partecipativo”, ovvero colui che con ottimismo ritiene di poter «fare molto attraverso il proprio atteggiamento e il proprio comportamento quotidiano», quella del “arrabbiato” che crede «di fare già molto attraverso le tasse e che pretende da medici, farmacisti e Istituzioni un maggiore impegno», “l’auto-indulgente”, convinto «di poter fare molto poco in qualità di singolo» e il “fatalista”, convinto che «sia inutile darsi molto da fare a cercare soluzioni perché nel sistema italiano le cose non cambiano mai».


In generale, comunque, gli italiani ritengono che lo «sperpero di risorse da parte della pubblica amministrazione» (64%), la «scarsa equità sociale» (63%) e «l’opportunismo e la scarsa onestà di chi è al potere» (59%) siano le principali minacce alla sostenibilità del sistema. Proprio l’utilizzo dei farmaci equivalenti è stato poi indicato dal campione come uno tra i «comportamenti virtuosi» a garanzia di cure più accessibili per tutti. A pensarlo è il 29% degli intervistati, mentre il 38% ritiene che «le autorità sanitarie dovrebbero effettuare più controlli sul Ssn» e il 30% che «sarebbe necessaria una maggiore prevenzione, soprattutto se si parla di certe malattie».


Gli italiani, in particolare, chiedono di avere più notizie sul farmaco equivalente: sebbene il trend di consumo dei generici sia in crescita, il 26% del campione intervistato sostiene «di non averne mai parlato con il proprio medico curante». Non va meglio in farmacia: cala infatti rispetto al 2013 la percentuale di farmacisti (dal 58 al 53%) che «spesso o con una certa frequenza» propone la sostituzione del griffato con il suo equivalente. In generale, comunque, rispetto all’anno scorso, la diffusione e, dunque, la cultura relativa ai farmaci equivalenti non ha fatto registrare variazioni sostanziali, e diventa quindi importante una forte presa di coscienza da parte delle istituzioni.


Istituzioni che, d’altro canto, secondo i cittadini non sono le uniche a dover garantire una maggiore informazione: anche, e soprattutto, medici di famiglia (65%), farmacisti (24%) e mezzi di informazione (34%) devono fare la loro parte.

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