L’intervista a Massimo Mercati, amministratore delegato di Aboca

L’intervista a Massimo Mercati, amministratore delegato di Aboca

Dopo una pausa dovuta all’emergenza Coronavirus, PharmaForFuture è tornata!

Siamo felici di riprendere le interviste della nostra rubrica, perché siamo convinti che ripartenza economica e obiettivi di sostenibilità non siano affatto in competizione, anzi. La pandemia ci ha messi di fronte all’evidenza dell’impossibilità di scindere il bene individuale da quello collettivo e ci ha mostrato che le comunità più coese, e quindi anche le aziende in cui esistono valori autentici condivisi dalle persone, hanno reagito meglio alla crisi.

In questo numero, PharmaRetail ha intervistato Massimo Mercati (nella foto sotto), amministratore delegato di Aboca, una healthcare company italiana, specializzata nella produzione di integratori alimentari e dispositivi medici a base di sostanze vegetali, prodotti 100% naturali, che curano rispettando l’organismo e l’ambiente.

 

Che ruolo ha la sostenibilità nel vostro modello aziendale?

Sostenibilità per noi è sinonimo di salute: il periodo storico che stiamo vivendo ci mostra in modo inequivocabile quanto tutte le forme di vita siano interconnesse e quanto l’equilibrio dei singoli dipenda da quello generale della natura. Per noi questo è un valore centrale, ci occupiamo di ricercare nella natura soluzioni per la salute dell’uomo attraverso dispositivi medici a base di sostanze vegetali e integratori Evidence Based, 100% naturali, nel rispetto dell’organismo e dell’ambiente. La sostenibilità permea il nostro lavoro ed è al centro di tutta la nostra filiera, dal seme al prodotto finito.

 

Quali azioni avete già intrapreso in questa direzione?

Le azioni sono molte. I nostri prodotti a base di complessi vegetali naturali sono realizzati con materie prime provenienti da agricoltura biologica, che esclude l’utilizzo di fertilizzanti, fitofarmaci di sintesi chimica e OGM. Acquistiamo solo energia verde certificata dal Gestore dei Servizi Energetici, generiamo e immettiamo energia direttamente in rete grazie a un impianto fotovoltaico di 1 MW. Fino all’85% dei rifiuti vengono avviati ad attività di recupero e la produzione cartacea di materiali informativi e pubblicazioni viene interamente realizzata con carta certificata FSC. Un altro elemento, per noi centrale, è quello della biodegradabilità dei nostri prodotti: tutti quanti siamo abituati a pensare alla sostenibilità dei contenitori, ma raramente pensiamo a quella dei contenuti, a ciò che ingeriamo. Per noi produrre prodotti 100% naturali significa escludere tutte le sostanze che sono estranee al sistema vivente, che né l’organismo né l’ambiente sanno riconoscere e biodegradare. Il nostro impegno per il Bene Comune è stato anche sancito formalmente nel 2018, quando siamo diventati Società Benefit, una nuova forma giuridica d’impresa introdotta nel 2016 in Italia. Inoltre, abbiamo misurato il nostro operato e ottenuto la certificazione B Corp. Essere “Benefit” significa non solo che potremo – come abbiamo sempre fatto – ma dovremo per statuto generare un impatto positivo per ambiente e comunità.

 

L’emergenza Covid-19 ha introdotto nuove routine, pratiche e obiettivi nella vostra organizzazione?

Fin dai primi giorni di pandemia ci siamo attivati per rispondere alle esigenze di salute delle persone, riorganizzando tutti i comparti aziendali: ricerca, agricoltura, produzione, distribuzione, uffici. Con le massime garanzie per la sicurezza dei lavoratori e il potenziamento dello smart-working sono state intraprese tutte le azioni necessarie a consentire l’approvvigionamento nei punti vendita di prodotti per la salute: alte vie respiratorie, difese dell’organismo, problemi di ansia, stress e riposo notturno. Allo stesso tempo la nostra attenzione è stata dedicata a formulare e produrre, in sole due settimane, una soluzione igienizzante da distribuire gratuitamente alle numerose realtà che ne manifestavano il bisogno. In particolare, abbiamo cercato di sostenere la filiera sanitaria, distribuendo l’igienizzante a medici, ospedali, farmacie, parafarmacie, ed erboristerie in Italia e in Spagna. Inoltre, abbiamo messo in campo numerose azioni a sostegno di istituzioni, strutture assistenziali e associazioni.

 

Quali sono in particolare i (nuovi) obiettivi che vi siete dati?

Più che portarci a definire nuovi obiettivi, l’emergenza sanitaria ha evidenziato ancora una volta il legame tra bene individuale e bene comune, e di come la crisi che stiamo vivendo sia un’opportunità per ripensare le nostre azioni, dalla più piccola alla più grande. La visione sistemica della vita, che ci caratterizza da sempre, ci ha portato a ridefinire un concetto di salute in connessione diretta e inscindibile con la società e l’ambiente. Il nostro obiettivo perciò è continuare a innovare attraverso lo studio della fisiopatologia e delle sostanze vegetali, ricercando nella natura le risposte per la salute dell’uomo.

 

Nella sfida verso la sostenibilità, quali sono gli ostacoli principali nel vostro settore?

Un tema emergente, affatto secondario, è quello dell’abuso del termine “naturale”. Per noi ha valore, e sappiamo che lo ha sempre più anche per le persone. Purtroppo, sono molte le aziende che hanno colto questo trend e propongono come naturale ciò che lo è solo in parte, o non lo è affatto, sfruttando regolamenti poco restrittivi e su cui andrebbe condotta un’attenta analisi. Noi crediamo fortemente nel valore del 100% naturale, ma nel nostro settore è facile confonderci con chi sfrutta l’idea della natura per opportunità commerciale.

 

Come immagina il futuro?

Il modello di impresa creato più di 40 anni fa da mio padre Valentino Mercati trova oggi pieno riconoscimento all’interno della nuova strategia europea del Green New Deal, che promuove l’impegno per la salute del pianeta, dando un nuovo significato alla parola “valore”. Proprio in questi giorni è in uscita il mio libro L’impresa come sistema vivente, in cui tra le altre cose sostengo che in economia, come in natura, non vincerà il più veloce, né il più feroce: vincerà il più adatto, e nel mondo che verrà ciò non potrà prescindere dalla reale capacità di comprendere la complessità del contesto in cui ci muoviamo, adottando nuovi schemi di pensiero ed una nuova contabilità del valore. Immaginiamo, o meglio ci auspichiamo, che questa sensibilità possa affermarsi sempre di più: tanto nel modo di curare quanto in quello di fare impresa.

 

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