Coopetition, il nuovo slogan della filiera

Non ha più senso competere tutti contro tutti per strapparsi punti di margine, oggi la parola d'ordine è collaborare per allargare il mercato. Ne parla Erika Mallarini, docente del dipartimento Public management & policy della Bocconi

Coopetition, il nuovo slogan della filiera

«Nella filiera del farmaco non c’è più spazio per il tutti contro tutti: la crisi non si contrasta andando a erodere decimali di margine agli altri attori del sistema». Detto in uno slogan, è ora che la “competition” lasci spazio alla “coopetition”. Questo il pensiero di Erika Mallarini, docente del dipartimento di Public management & policy della Bocconi di Milano, tra gli ospiti del convegno di dieci giorni fa sulla farmacia che cambia organizzato a Torino da Ordine e università degli Studi.

Professoressa Mallarini, che cos’è la coopetition?
Come dice il nome stesso, è un nuovo modo di intendere i rapporti che esistono tra le imprese di un medesimo comparto: anziché competere per accrescere il proprio giro d’affari a scapito delle altre, le aziende collaborano reciprocamente con l’obiettivo di allargare il mercato nel suo insieme, in modo da beneficiarne tutti assieme.

E nella filiera farmaceutica come si declinerebbe?
Guardiamo per esempio all’etico: il 75% delle categorie terapeutiche è caratterizzata da consistenti gap di potenziale, legati a mancata aderenza delle terapie, diagnosi e cure tardive, farmaci non assunti eccetera. Intervenire su queste cause significa dal lato del Ssn migliorare l’appropriatezza e quindi risparmiare sui ricoveri o sull’assistenza, ma dal lato della filiera significa accrescere i consumi e raggiungere l’intera platea dei potenziali consumatori.

E la co-opetition?
Inseguire l’appropriatezza, scovare precocemente i malati e monitorare l’aderenza alle terapie sono servizi che richiedono formazione e strumenti adatti. Le farmacie non sono in grado di fare tutto da sole e dovrebbero cercare l’alleanza degli altri attori – produttori e grossisti – perché anche loro trarrebbero vantaggi dal raggiungimento di quegli obiettivi. Sarebbe una partnership a doppio senso: le aziende possono mettere il know how dei loro prodotti, la formazione, le risorse; le farmacie assicurano la gestione dei pazienti, l’assistenza anche a domicilio e via di seguito.

Altri esempi?
Sarebbero molti. Anche perché c’è una co-opetition orizzontale – quella tra imprese dello stesso segmento, come nel caso dei gruppi d’acquisto – e una coopetition verticale, che integra produttori, distributori e farmacie. Un altro terreno dove la co-opetition verticale ha grandi potenzialità è l’automedicazione: le industrie del settore fanno grandi investimenti in comunicazione e supporto sui loro prodotti, ma da parte delle farmacie continua a susssistere scarsa compliance. Non si fanno analisi di marketing, non si cercano sinergie tra la comunicazione delle aziende e quella in farmacia.

Forse alle farmacie la coopetition non interessa…
Libere di ritenerlo, se fosse. Ma attenzione, un giorno potrebbero ritrovarsi emarginate: se non fanno gioco di squadra con gli altri partner, questi potrebbero decidere un giorno di giocare con qualcun altro. Ci sono già operatori estremamente competitivi che stanno facendo capolino sul mercato della distribuzione del farmaco. Un nome per tutti, Dhl. Se entrasse in gioco, non scavalcherebbe la professione del farmacista, scavalcherebbe la farmacia.

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