Distribuzione, per le cooperative è ora di fare gruppo

Distribuzione, per le cooperative è ora di fare gruppo

Le cooperative della distribuzione intermedia devono cominciare ad acquistare meglio. Sulla falsariga di ciò che da tempo accade nella grande distribuzione organizzata, dove ormai le insegne – anche le più grandi – sono aggregate in super-centrali di acquisto che coordinano ordinativi e promozioni. E’ una delle riflessioni che arrivano dal convegno organizzato mercoledì 26 marzo a Roma da Federfarma Servizi e Federfarma.co per parlare di distribuzione farmaceutica e sostenibilità del sistema, viste ovviamente dalla prospettiva delle cooperative dei titolari.
Non si è potuto non partire da una panoramica della contigenza, che vede la distribuzione intermedia lavorare con una marginalità risicata: sul farmaco di fascia A le aziende lavorano da tempo in perdita, l’incremento dei costi gestionali tende a peggiorare il rosso e in un anno il primo margine netto ha perso quattro decimi di punto; va invece un po’ meglio nell’area del non rimborsato, dove l’utile operativo è cresciuto di cinque decimi di punto grazie all’ottimizzazione del costo del venduto. La fotografia che ne emerge è quella di una filiera progressivamente sfilacciata: «Per le farmacie la crisi si sta ormai stabilizzando» spiega a Pharmaretail Antonello Mirone, presidente di Federfarma Servizi «la distribuzione invece continua ad avvertirla, perché i margini si fanno sempre più risicati». Il primo problema, per le cooperative, rimane la riscossione del credito: le dilazioni sono ormai scese dappertutto dai 180/210 giorni di un tempo ai 60/90 di oggi, ma il recupero dell’insoluto diventa sempre più difficile: «Il fatto è che c’è in giro una gestione delle farmacie ancora poco imprenditoriale» dice Mirone senza giri di parole «e questo è motivo di preoccupazione anche per noi perché in media le nostre aziende hanno impegnato il 97% del loro capitale».


Crediti a parte, la risposta alle difficoltà del momento passa innanzitutto dal contenimento dei costi, che significa anche razionalizzazione del servizio e delle consegne: «Alcune cose sono sempre meno sostenibili» conferma Mirone «le farmacie dovranno accettare il fatto che si andrà progressivamente verso un’offerta articolata su un menù base, comprendente i servizi minimi, e un menù “top” con servizi aggiuntivi a pagamento». Urgente anche una rivisitazione dei rapporti tra cooperative e farmacie clienti, con l’obiettivo di accrescere la fedeltà di queste ultime: «Per esempio attraverso contratti di servizio» ipotizza Mirone «nei quali il titolare si impegna per un certo volume di ordini o fatturato, oppure sottoscrive un pacchetto di servizi a pagamento».


All’orizzonte delle cooperative, in ogni caso, c’è il passaggio obbligato per un’integrazione più serrata, che significa economie di scala e maggiore massa operativa. E’ un fronte sul quale il contributo maggiore dovrebbe arrivare da Federfarma.co (la società di servizi partecipata dalle imprese dei farmacisti), che reciterà un ruolo cruciale anche nel rilancio di Profar, la private label della farmacia.  «La marca privata ha conosciuto negli ultimi anni un forte sviluppo in tutto il retail»  continua il presidente di Federfarma Servizi«vogliamo fare di Profar il brand della farmacia e del farmacista, anche con un fote piano di investimenti».

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