Oggi parliamo di… fedeltà

Oggi parliamo di… fedeltà

Una virtù apprezzata, la fedeltà, sia nel privato, cioè nei rapporti tra coniugi, amici, soci, sia in situazioni pubbliche, tanto che “Semper fidelis” è il motto dei Marines e “Nei secoli fedele” quello dell’Arma dei Carabinieri. Oggi però parleremo di un’altra fedeltà, quella dei clienti a un prodotto o a un punto vendita.


Brand loyalty e store loyalty

I testi di marketing distinguono tra la fedeltà (o lealtà) verso la marca e quella verso il punto vendita. La prima (brand loyalty) è questione che interessa l’industria, mentre quella al singolo punto vendita è di competenza del responsabile che lo gestisce e di chi sta a contatto con il pubblico. Nel nostro caso, del titolare di farmacia e dei suoi collaboratori. In realtà, c’è pure una lealtà di marchio che può interessare il farmacista, se consideriamo come un brand l’insegna “farmacie italiane”. Ciò in quanto riteniamo che l’operato di un farmacista si rifletta soprattutto su se stesso e sulla sua farmacia, ma anche, in piccola parte, nel bene e nel male, su tutte le farmacie.

La fedeltà di un cliente a un prodotto, a un’insegna o un singolo negozio non è mai casuale, bensì è il risultato di un processo in cui i responsabili commerciali costruiscono un prodotto o gestiscono un punto vendita in modo da soddisfare i clienti e quindi fidelizzarli, cioè inducendo in loro una preferenza. Da notare che la soddisfazione è saldamente correlata alla fedeltà, pur non essendo né condizione sufficiente, né necessaria alla fedeltà stessa. Alcuni esempi: alla caccia di prezzi bassi, posso essere soddisfattissimo della price policy di un negozio, salvo passare immediatamente a un altro che attui una politica di prezzi ancora più competitiva. Oppure posso essere a denti stretti cliente fedele di un negozio anche ritenendolo insoddisfacente se sulla piazza non c’è nessun concorrente. Se ci sono almeno due panettieri, posso fare la politica dei due forni, quella che mi consente di scegliere il migliore o almeno il meno peggio, altrimenti devo accontentarmi dell’unico che c’è.


Che cosa deve fare un farmacista per fidelizzare i propri clienti?

Una caratteristica importante per la scelta di un punto vendita è la prossimità, nel senso che il cliente sicuramente è avvantaggiato nel servirsi della farmacia più comoda da raggiungere. Questo attributo, però, ha perso buona parte della sua importanza nella scelta del distributore di elezione. Prima di tutto, nella maggioranza dei casi le farmacie che si raggiungono facilmente sono più di una, magari una prossima all’abitazione, una all’ufficio, una o più sulla strada del lavoro o lungo i percorsi abituali. Secondariamente, anche se gli assortimenti delle farmacie sono spesso sovrapponibili, ci possono essere differenze notevoli nella capacità dei camici bianchi di comunicare e di interagire con il pubblico. Insomma, fa breccia nel cliente quel farmacista capace di far provare al cliente-paziente la gradevole  sensazione di essere un ospite privilegiato, considerato, coccolato da un esperto che, oltre a possedere le adeguate conoscenze, ha a cuore la sua persona e la sua salute. In poche parole, è vincente la presenza di un farmacista campione di comunicazione e servizio. Naturalmente è importante che la farmacia sia ineccepibile come “negozio”. Vetrine e scaffali accattivanti, luminosità, niente lunghe code da fare, piccoli accorgimenti per rendere piacevole la presenza del cliente nel punto vendita. E ci deve essere tutto ciò che alla farmacia dà una immagine di ambiente sanitario, con una sua serietà, ma accogliente, solare, empatico. Un locale dove chi arriva malato ne esce se non sano almeno un po’ meno sofferente.

Farmaci, buoni prodotti, un punto vendita accattivante e funzionale, tanta competenza, insomma, ma anche calore e sorriso, che sono articoli che fanno aggio su molti accorgimenti commerciali.

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AUTORI

Giornalista freelance iscritto all’albo come pubblicista, esperto di marketing e di comunicazione. Il suo è un percorso particolare.

Laureato in matematica all’Università di Trieste, si è formato in Unilever.

Ha ricoperto posizioni direttive in multinazionali farmaceutiche e successivamente ha lavorato come consulente di direzione e formatore, associato a importanti società di consulenza.

È stato per anni docente nella School di Ec Consulting Italia.