Confindustria dispositivi medici, in seguito al provvedimento della regione Emilia-Romagna che assegna un termine perentorio di trenta giorni per procedere al pagamento del payback con la misura del 48%, come stabilito dalla Corte costituzionale, ha lanciato un allarme: la richiesta mette in difficoltà le aziende, soprattutto le piccole e medie realtà, che rischiano di chiudere.
La Regione Emilia-Romagna ha ribattuto che si tratta di un atto dovuto, per non infrangere i termini di legge, e chiede al governo un nuovo incontro.
La richiesta mette in grave difficoltà le aziende
Il sistema del payback sui dispositivi medici è stato introdotto con un’apposita normativa nel 2011, stabilendo un tetto alla spesa pubblica per i dispositivi medici, a livello sia nazionale che regionale e nel caso di sforamento del tetto, le Regioni dovevano coprire i costi in eccesso. Nel 2015, con una modifica di legge, è stato previsto che le aziende fornitrici di dispositivi medici partecipassero al “ripiano” del debito, contribuendo fino al 50%. «La richiesta di pagamento immediato del payback da parte dell’Emilia-Romagna mette in grave difficoltà le imprese dei dispositivi medici, molte delle quali a rischio chiusura» ha dichiarato Nicola Barni, Presidente di Confindustria dispositivi medici. «Facciamo appello a Governo e Regioni affinché non seguano l’esempio con altri provvedimenti regionali simili sul payback: sarebbero migliaia i ricorsi al TAR, col rischio di provocare conseguenze devastanti per l’intero settore, ma anche per i bilanci regionali e per il tribunale amministrativo, generando un caos senza precedenti». Aggiunge Barni «per questo, abbiamo inviato oggi una lettera alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, ai ministeri competenti, alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome e alla Presidenza del Consiglio per scongiurare che altre regioni replichino la richiesta dell’Emilia-Romagna e si attenda la prima udienza di merito del Tar del Lazio prevista per il prossimo 25 febbraio».
Regione Emila Romagna: atto dovuto
Secondo quanto riportato in una nota della Regione Emilia-Romagna ‘non essendo arrivata la soluzione richiesta dall’Esecutivo nazionale, e per non infrangere i termini di legge, la Regione deve intanto inviare alle imprese la richiesta di pagamento del payback sui dispositivi medici, atto a questo punto dovuto’. La Regione vuole però rilanciare subito una iniziativa che porta avanti ormai da tempo: insieme alle associazioni di rappresentanza del comparto, intende chiedere al Governo un nuovo incontro, a tutela di una filiera strategica per l’economia regionale. Nella stessa comunicazione ufficiale, Massimo Fabi e Vicenzo Colla, rispettivamente assessore alle Politiche per la salute e vicepresidente della Regione con delega alle Attività produttive spiegano: «Non abbiamo alternative, di fronte a un quadro normativo che non è cambiato e al fatto che nella nuova Legge di Stabilità non c’è nulla. Se non venisse fatto, sarebbe inevitabile la contestazione di danno erariale a nostro carico». E proseguono: «vogliamo ricordare però che, in sede di Conferenza delle Regioni e nei rapporti con il Governo, l’Emilia-Romagna, in accordo con le aziende, ha chiesto ripetutamente l’abrogazione del meccanismo, a salvaguardia della tenuta del Sistema sanitario nazionale e della tutela della salute delle persone, oltre che per scongiurare il determinarsi di una situazione di incertezza per le imprese e per l’intera filiera del biomedicale».
Tutelare il settore nelle sedi opportune
«Apprendiamo con favore l’appello della Regione Emilia-Romagna alla cancellazione immediata di questa assurda legge» ha commentato Nicola Barni, «e proprio per questo motivo fatichiamo a comprendere come questa Regione abbia potuto attuare tale provvedimento senza attendere il Tar del Lazio, quando sul suo territorio vivono centinaia di imprese dei dispositivi medici che rappresentano un indotto fondamentale che genera benessere economico per il territorio». Si tratta di un tessuto produttivo variegato e altamente specializzato, che rischia di scomparire con la permanenza strutturale del payback. Conclude Barni: «continueremo a batterci in tutte le sedi opportune per tutelare il settore e garantire cure di qualità ai cittadini. È in gioco il futuro di centinaia di aziende, il lavoro di migliaia di persone e, soprattutto, la salute di tutti».