In un Servizio sanitario chiamato a rispondere a bisogni sempre più intensi con risorse che crescono meno della domanda, la sostenibilità dell’universalismo passa dall’avere il coraggio di definire priorità esplicite. Sono queste le conclusioni del 26° Rapporto OASI, l’Osservatorio sulle Aziende e sul Sistema Sanitario Italiano, realizzato dal CERGAS di SDA Bocconi School of Management. Il Rapporto invita a superare tre idee ricorrenti nel dibattito pubblico – più finanziamento, più efficienza intesa come semplice adeguamento al ribasso della spesa, meno liste d’attesa – considerate risposte parziali e insufficienti. Secondo il Rapporto il Ssn, non può più “inseguire tutto”: servono scelte nette su chi tutelare prima, con quali servizi e con quale intensità assistenziale.
Una popolazione sempre più anziana
Molte dinamiche strutturali alla base dell’invecchiamento della popolazione si stanno intensificando. La natalità continua costantemente a diminuire: nel 2014, le nascite erano poco più di 500mila; nel 2024 non hanno raggiunto quota 370mila (-26%). Il saldo naturale è negativo di 281mila unità. C’è un dato indubbiamente positivo: aumenta la speranza di vita che, nel 2024, ha raggiunto un nuovo picco di 83,4 anni, un livello sostanzialmente allineato ai valori spagnoli e francesi, superiore di tre anni quelli tedeschi. I flussi migratori in ingresso (435mila) compensano quelli in uscita (191mila), ma non sono sufficienti a riequilibrare un saldo naturale profondamente negativo e, ancor meno, a frenare il processo di invecchiamento della popolazione e della forza lavoro. Le conseguenze della crisi demografica, che diviene economica e sociale, impattano direttamente e indirettamente sul Ssn. La sanità pubblica si trova a “competere” per le poche risorse fiscali disponibili con molti altri settori dell’intervento pubblico: oltre alle pensioni, l’istruzione, i trasporti, la casa, gli interessi sul debito, ma anche le prospettive di riarmo europeo.
Serve definire chi viene prima
«In un Paese che invecchia e che vede restringersi la propria base demografica attiva, il Ssn deve abbandonare le narrazioni rassicuranti e assumere il coraggio delle scelte» ha spiegato Francesco Longo, Responsabile scientifico del Rapporto OASI. Secondo Longo, «definire chi viene prima, con quali servizi e con quale intensità assistenziale non significa ridurre l’universalismo, ma proteggerlo» perché «è l’unica strada per generare valore, ridurre le disuguaglianze e progettare un Ssn capace di affrontare le sfide dei prossimi decenni». Il Rapporto sottolinea come la domanda di salute stia superando la capacità del sistema di rispondere: solo il 60% delle prescrizioni si traduce in una prestazione in regime Ssn; gli anziani non autosufficienti sono oltre 4 milioni ma solo l’8% accede a una RSA; persistono distanze significative tra Regioni nell’aspettativa di vita e nell’accesso ai servizi; l’utilizzo delle prestazioni varia in modo non giustificato anche all’interno dei singoli territori di una stessa regione.
Cinque criticità e cinque ambiti di intervento
Il Rapporto OASI, anche nell’edizione 2025, evidenzia almeno cinque macro-fenomeni critici che esprimono questa incapacità del sistema di definire delle priorità:
- le iniquità di accesso e/o di esito si stanno consolidando o stanno peggiorando;
- si registra una fortissima variabilità nei consumi sanitari, sia nel confronto interregionale che infra-regionale;
- esiste una grande distanza tra molte regioni del Nord e molte regioni del Sud rispetto ai volumi e alla complessità dei servizi erogati e consumati;
- si registra una distanza crescente tra il volume delle prescrizioni da parte di medici specialisti e MMG e la capacità erogativa del sistema;
- gli anziani non autosufficienti hanno superato il numero simbolico di 4 milioni di persone.
Accanto ai limiti strutturali, OASI individua cinque ambiti nei quali il Ssn può intervenire subito: riorganizzazione delle professioni sanitarie per attrarre più infermieri; aggiornamento delle tariffe ai privati accreditati; procurement più forte e qualificato; digitalizzazione dei Medici di Medicina Generale e adozione reale di un modello “digital & remote first”; prossimità multicanale capace di garantire continuità, evitando la frammentazione tra ambulatori, Case della Comunità e altri servizi territoriali.
Sviluppo e l’implementazione dell’IA
Il Rapporto riporta anche un capitolo sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale in sanità. Nonostante le grandi potenzialità dell’IA, il suo utilizzo nell’ambito dei servizi sanitari è ancora limitato. “In primo luogo, la riprogettazione dei servizi e dei processi richiede lo sviluppo di competenze nuove che permettano di comprendere le potenzialità e i limiti dell’IA” si legge nel rapporto. In secondo luogo, «la qualità dei dati e il livello di interoperabilità dei sistemi informativi limitano lo sviluppo di soluzioni di IA». Infine, “ulteriori questioni di natura medico-legale interrogano regolatori, aziende sanitarie e professionisti”. Queste sfide hanno fino ad ora limitato l’effettiva implementazione dell’IA nella pratica organizzativa, limitandone il potenziale. L’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS) ha promosso (rientrando nell’ambito della Missione 6 “Salute” del PNRR, e in particolare del sub-investimento 1.2.2.4 “Intelligenza Artificiale”), lo sviluppo e l’implementazione di una piattaforma di IA, per ora in fase sperimentale, a supporto dell’assistenza primaria, finalizzata al potenziamento della presa in carico dei pazienti cronici e alla diffusione di modelli innovativi di assistenza territoriale.




