Oggi parliamo di… cliente

Oggi parliamo di… cliente

Qualcosa non va. Non si deve dire “oggi parliamo del cliente”. Soltanto oggi? Unicamente in questo giorno poniamo il focus su tale personaggio? Del cliente bisogna averne parlato ieri, parlarne oggi, riparlarne domani e così ogni altro giorno, finché vivrà l’azienda. E questo vale anche per quell’originale punto vendita che è la farmacia, per quel particolare “negoziante” che è il farmacista e per il cliente della farmacia, che in molti casi è un paziente. Se qualche camice bianco ha mai pensato che la semplice disponibilità di farmaci e farmacisti, sia pure professionalmente ineccepibili, siano sufficienti a garantire il pieno successo economico della farmacia come azienda, non ha, commercialmente parlando, le idee molto chiare. Certo, la farmacia, anche se a ogni legge finanziaria subisce pesanti taglieggi, è un po’ meno esposta alle turbolenze del mercato rispetto alla maggioranza delle imprese della distribuzione, per cui la sua sopravvivenza spesso è possibile anche in caso di gestione imperfetta. Però se latita la giusta sensibilità nei confronti dei clienti, tale mancanza si riflette inevitabilmente sul fatturato.


Una rettitudine che paga

Come bisogna porsi nei confronti del cliente? Con assoluta onestà, trasparenza, rispetto. Certo, onestà. Ma già i latini dicevano “probitas laudatur et alget”, l’onestà è lodata ma muore di freddo e di stenti. La realtà, nel nostro caso, è ben diversa: la “probitas” verso i clienti è un generatore di fatturato. E come onestà non bisogna accontentarsi di un formale, e peraltro doveroso, rispetto delle normative, della deontologia e dell’educazione, bensì un continuo adoperarsi per fare gli interessi, sanitari ed economici, del cliente e nel superare le sue aspettative. Diventare il suo consulente di fiducia.

Quello che è certo è che le cose nel tempo sono cambiate e questa è l’era del cliente: il potere è passato nelle mani di chi ha i soldi ed è disposto a darli a chi lo capisce e non ad altri. Ci sono ancora i monopoli che obbligano in qualche caso a rivolgersi a un fornitore che si cancellerebbe molto volentieri. E poi, anche nel libero mercato, dove, sappiamo, gli accordi tra produttori (i cosiddetti cartelli) sono vietati, capita talvolta di trovarsi a fronte di un’offerta appiattita, che non dà la sensazione di una vera e propria competizione concorrenziale. Quando può (quasi sempre) il cliente punisce il fornitore non sufficientemente sensibile ai suoi desideri, negandogli l’acquisto e gratificandolo di un passaparola micidiale. Quando non può, rimane in attesa di uno spiraglio nel mercato che gli consenta di ottenere un trattamento diverso.


Mostro, orco, o semplicemente cliente da coccolare?

“Il cliente è un mostro” ha detto qualcuno, pensando alle lamentele, alle richieste, alle pretese che rendono sempre più complesso il lavoro di un fornitore. L’unica risposta possibile a tale atteggiamento è attrezzarsi in modo da calmare le brame del mostro.

Quali strumenti utilizzare per ottenere soddisfazione e lealtà dal cliente? L’attrezzo numero uno è il servizio, che si compone di una parte hard, fatta di servizi “pratici” (tutto quello che si può offrire oltre a farmaci e altri prodotti della salute) e di una parte soft, fatta dalla qualità del servizio stesso (accoglienza, calore, sollecitudine, ascolto, rispetto …) che deve essere rapportato al singolo cliente.

L’etica evangelica della reciprocità va messa in discussione …

“Non fate agli altri quello che vorreste fosse fatto a voi: potrebbero avere gusti differenti”. È  una battuta dell’umorista ebreo polacco Stanislaw Lec, che però presenta una verità: quello che va bene per me, non va necessariamente bene per gli altri. Di conseguenza, il vero servizio è quello personalizzato, quello che tiene conto degli specifici desideri e aspettative del singolo cliente.

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AUTORI

Giornalista freelance iscritto all’albo come pubblicista, esperto di marketing e di comunicazione. Il suo è un percorso particolare.

Laureato in matematica all’Università di Trieste, si è formato in Unilever.

Ha ricoperto posizioni direttive in multinazionali farmaceutiche e successivamente ha lavorato come consulente di direzione e formatore, associato a importanti società di consulenza.

È stato per anni docente nella School di Ec Consulting Italia.