Carenza farmaci: un problema non solo italiano

Carenza farmaci: un problema non solo italiano

In Italia l’elenco dei farmaci carenti o irreperibili è composto da circa 1.500 prodotti, tra questi anti tumorali, anti depressivi, farmaci per epilessia e Parkinson. Non si tratta semplicemente di indisponibilità temporanee, ma di un’effettiva mancanza. Il problema però non è sono italiano, come dimostrano i risultati dell’indagine PGEU Medicine Shortages 2019. L’indagine, condotta tra il 4 novembre e il 16 dicembre dell’anno scorso in 24 Paesi europei, è frutto di un sondaggio che il PGEU (Pharmaceutical Group of the European Union) conduce ogni anno tra i suoi membri per mappare l’impatto delle carenze di medicinali in Europa dal punto di vista dei farmacisti di comunità.

Il 2019 peggio dell’anno precedente

Cosa si intende per carenza di farmaci? Nella pagina di AIFA dedicata, viene riportata la definizione adottata dall’HMA e dall’EMA: la “carenza di un medicinale” si verifica quando l’offerta non soddisfa la domanda a livello nazionale. Con l’espressione “farmaco carente” si intende, dunque, un medicinale che non è reperibile sull’intero territorio nazionale e per cui il titolare dell’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC) non può temporaneamente assicurare una fornitura continua e appropriata rispetto al bisogno terapeutico dei pazienti.

La carenza sul mercato di un farmaco, secondo quanto riportato da AIFA, può essere determinata da diversi fattori, tra i quali, per esempio, l’irreperibilità del principio attivo, problematiche legate alla produzione, provvedimenti a carattere regolatorio, imprevisto incremento delle richieste di un determinato medicinale, o emergenze sanitarie nei paesi di produzione.

Secondo i risultati del sondaggio europeo, tutti i Paesi partecipanti hanno avuto carenze di medicinali nelle farmacie territoriali negli ultimi 12 mesi e la grande maggioranza (87%) degli intervistati ha indicato che la situazione è peggiorata rispetto al 2018. Il problema della carenza riguarda tutte le classi di medicinali, con maggiore impatto su quelli dell’area respiratoria, nella quale rilevano mancanze l’87% dei Paesi intervistati.

Le carenze, secondo le segnalazioni, si registrano più o meno ugualmente tra i farmaci generici e i brand, mentre a riferire problemi su medicine salvavita è il 60% del campione. Da un punto di vista quantitativo, per 8 Paesi, nel periodo in cui era in corso l’indagine, a risultare carenti erano tra i 200 e i 300 medicinali, per 5 tra i 100 e i 200, mentre in 3 hanno segnalato cifre più elevate, comprese tra 300 e 400.

Tutti i Paesi che hanno risposto hanno dichiarato di ritenere che la carenza di medicinali causi forti disagi ai pazienti. In particolare, sono percepiti come conseguenze negative della carenza di medicine sui pazienti: l’interruzione dei trattamenti (75% dei paesi), l’aumento dei costi a seguito di alternative più care /o non rimborsate (58%); un trattamento non ottimale o una efficacia inferiore (42%).

Secondo la maggior parte degli intervistati la carenza di medicinali ha un impatto sulle attività delle farmacie comunitarie. Nella maggior parte dei Paesi questo avviene a causa della riduzione della fiducia dei pazienti (92%), delle perdite economiche dovute al tempo investito nella gestione delle carenze (82%) e minore soddisfazione dei dipendenti (79%). Il tempo che il personale della farmacia deve dedicare alla gestione della carenza di medicinali è aumentato da 5,6 ore settimanali (2018) a 6,6 ore settimanali in media nel 2019.

In tutti i Paesi europei, esistono forti differenze in termini di soluzioni legali che i farmacisti della comunità possono offrire in caso di carenza: sostituzione generica (79% dei Paesi), approvvigionamento dello stesso medicinale da fonti autorizzate alternative, ad esempio altre farmacie, (63%) e importazione del medicinale da un Paese in cui è disponibile (46%). Per quanto riguarda il sistema di allerta sulle carenze, i farmacisti ricevono le informazioni necessarie nella maggior parte dei Paesi da grossisti (71%), ma anche dalle agenzie del farmaco (67%) e dalle organizzazioni di farmacisti (42%).

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