La farmacia clinica, una opportunità per il farmacista

La farmacia clinica, una opportunità per il farmacista

Tra i webinar che hanno animato l’edizione 2024 di FarmacistaPiù, anche quello sulla “Centralità del farmacista di comunità negli studi di Real World Evidence”, in cui Corrado Giua Marassi (nella foto), presidente della Sifac (Società italiana di farmacia clinica), ha illustrato i contenuti dello studio Pegaso, di cui è coautore, pubblicato sulla rivista internazionale Drugs – Real World Outcomes.

Obiettivo della ricerca, analizzare l’uso di Bacillus Clausii per il trattamento di disturbi gastrointestinali comuni, nonché esplorare le motivazioni alla base della sua scelta terapeutica da parte dei pazienti.

Si è trattato del primo studio clinico di real-life approvato e condotto in Italia su un medicinale Otc con il coinvolgimento delle farmacie territoriali.

Un lungo percorso

Lo studio ha comportato sei anni di lavoro e ha coinvolto diciotto farmacie di comunità. «Premesso che in Inghilterra, Spagna, Francia e Germania studi di questo tipo vengono condotti da anni, per l’Italia si tratta una novità assoluta», sottolinea Giua Marassi, «una opportunità che arricchisce notevolmente il bagaglio professionale del farmacista, soprattutto in termini scientifici, di conoscenza dei farmaci».

L’idea iniziale risale al 2018, quando una grande azienda farmaceutica decide di promuovere il primo studio osservazionale su un farmaco Otc molto noto sul mercato italiano. Tutto questo in un quadro regolatorio ancora molto nebuloso; soltanto nell’agosto scorso l’Aifa ha definito criteri e modalità di conduzione di studi osservazionali su medicinale nel setting della farmacia di comunità. «La farmacia è realmente una finestra spalancata sulla Real Life, sulla vita reale, ed è in grado quindi di attrarre in questo ambito degli studi osservazionali quelle fasce di popolazione che probabilmente non sarebbero disponibili per studi di carattere tradizionale mentre vedono la farmacia come un qualcosa di più vicino, di più umano, di più degno di fiducia».

Ricorda inoltre Giua Marassi che «in Italia i farmaci di automedicazione, contrariamente a quelli soggetti a prescrizione, sfuggono a qualunque tipo di monitoraggio, seguendo vie assolutamente non intercettabili. Sono i pazienti che scelgono il farmaco dietro il consiglio del farmacista o in modalità autonoma. Ed è sempre in farmacia che, in qualche modo, riportano anche l’esito della terapia cui si sono sottoposti».

I contenuti

Per lo studio Pegaso è stato innanzitutto definito un protocollo di ricerca, con il contributo di Sifac, che aveva come obiettivo primario comprendere i sintomi principali che spingevano il paziente a richiedere Bacillus Clausii in farmacia. Quali obiettivi secondari, indagare su durata del trattamento, utilizzo delle diverse forme farmaceutiche, posologia, efficacia percepita, sicurezza.

Facevano parte del campione 268 soggetti, tra coloro che si recavano in farmacia per acquistare il medicinale a base di B. clausii senza la consulenza del farmacista o la prescrizione del medico. A distanza di un mese i soggetti in questione compilavano il questionario web che era stato loro sottoposto dai farmacisti per comunicare durata del trattamento, dosaggio, sintomatologia, tempo di insorgenza del miglioramento dei sintomi, impatto dei sintomi stessi sulla qualità della vita, efficacia percepita e soddisfazione verso il trattamento.

Per quale ragione il paziente aveva richiesto il prodotto? Nel 57% dei casi per la diarrea, nel 13% per il dolore addominale, nel 12% per il gonfiore; a seguire tensione addominale e meteorismo. Quanto alla formulazione privilegiate le fiale rispetto a capsule e bustine; in particolare, nel 50,57% dei casi sono state scelte le fiale da 4 miliardi di spore di B. clausii e nel 39,08% dei casi quelle da 2 miliardi.

Il primo dosaggio soprattutto per diarrea e dolore addominale, il secondo per costipazione e tensione addominale. Frequenza delle assunzioni, due volte al giorno per circa i 2/3 del campione. La durata media del trattamento si è rivelata di sette giorni. Il 70% dei pazienti ha dichiarato di avvertire il miglioramento dei sintomi già entro i primi tre giorni.

Quanto funziona, in definitiva, il farmaco? Dai dati risulta che un po’ per tutta la sintomatologia c’è una remissione e questo è un risultato molto positivo. Si è cercato di valutare anche quanto questo miglioramento si potesse riverberare sulla qualità di vita del paziente; anche qui parametri positivi in termini di umore, attività quotidiane, lavoro, sonno.

«Il farmaco», conclude Giua Marassi, «migliora dunque la salute psicofisica del paziente. Nove pazienti su dieci hanno manifestato la loro soddisfazione sull’esito del trattamento, tornando pienamente operativi nelle loro attività normali». Ciliegina sulla torta, «l’Aifa ha recepito gli esiti scientifici dello studio, considerandoli tali da meritare di essere inseriti nell’Rcp del prodotto, la scheda tecnica che ne riassume le caratteristiche. Il momento magico nel quale ricerca e pratica cinica vanno a coincidere».

(Visited 59 times, 1 visits today)