Il farmacista del ghetto di Cracovia, l’eroe silenzioso che salvò centinaia di vite

Il farmacista del ghetto di Cracovia, l’eroe silenzioso che salvò centinaia di vite

Tante volte, e con più forza in questi anni dominati dalla pandemia, abbiamo sottolineato il ruolo della farmacia come luogo di prossimità e la centralità del farmacista, primo punto di riferimento sul territorio quando si parla di salute.

C’è stato un momento della storia in cui un farmacista e la sua farmacia hanno realmente cambiato i destini di centinaia di persone. Nella settimana della Giornata della memoria, che si celebra ogni anno il 27 gennaio per commemorare le vittime dell’Olocausto, su PharmaRetail vogliamo ricordare la straordinaria vicenda di Tadeus Pankiewicz e della sua farmacia “All’Aquila” che è raccontata nel libro Il farmacista del ghetto di Cracovia (UTET).

Il farmacista Pankiewicz era un polacco cattolico. Quando in un quartiere periferico di Cracovia viene creato il ghetto ebraico, il 3 marzo 1941, Pankiewitz ne diviene di fatto un abitante perché, pur non essendo ebreo, gestisce l’unica farmacia del quartiere: contro ogni previsione e contro ogni logica di sopravvivenza, decide di restare e di tenere aperta la sua bottega, resistendo a innumerevoli tentativi di sgombero e a perentori ordini di chiusura e trasferimento.

Pankiewicz non è solo il testimone della brutalità del nazismo e degli orrori che si consumano ogni giorno nel ghetto e che racconterà fedelmente nel suo libro per onorare la memoria delle vittime e la verità storica, ma è anche un eroe silenzioso.

In tre anni Pankiewicz, rischiando ogni giorno la sua vita, è riuscito ad aiutare centinaia di ebrei, nascondendoli, curandoli, aggiungendo note in cui dichiarava di non disporre di un farmaco per far sì che ottenessero un lasciapassare per uscire dal ghetto ed evadere. Prescrivendo farmaci anche, come racconta lui stesso: «C’è gente che irrompe affannata in farmacia per ottenere Luminal da dare ai propri figli: vorrebbe trasportarli addormentati in uno zaino, come bagaglio, o rifugiarsi con loro in un nascondiglio.. Più di un bambino deve la vita al Luminal o alla codeina”.

La sua farmacia in quei tre anni è l’ambasciata, il porto franco di centinaia di ebrei. Pankiewitz rimarrà anche quando il ghetto verrà diviso in due e in gran parte sfollato, quando diventerà sempre più difficile giustificare la necessità della sua presenza.

Dopo la guerra è stato testimone in diversi processi celebrati nella Germania Federale, perché aveva assistito di persona, dietro al banco della sua farmacia, a tanti crimini commessi dai funzionari delle SS, dalla gendarmeria e della Gestapo. La nazionalizzazione non risparmiò la farmacia All’Aquila che nel 1951 divenne statale.  A Pankiewicz fu offerto di assumere la direzione di una delle migliori farmacie di Cracovia, ma lui scelse una piccola farmacia di un sobborgo dove lavorò fino alla pensione portando la sua straordinaria umanità e modestia.

Per il suo valore, nel 1983, ha ricevuto da Israele il riconoscimento di “Giusto tra le nazioni”. A lui e alla sua farmacia il poeta Ignacy Nikorowicz ha dedicato i suoi versi: “All’Aquila..Un luogo ben strano! Ché centinaia di vittime sono state salvate da questa farmacia. Ricordiamocene e cantiamone le lodi”.

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