La comunicazione 3.0 insegnata da Poste francesi

La comunicazione 3.0 insegnata da Poste francesi

Una volta la pubblicità televisiva dava a un prodotto la certezza di essere venduto. E la notorietà del marchio giustificava prezzi leggermente più alti rispetto alla concorrenza, perché i consumatori erano convinti che andare in tv fosse garanzia di qualità. Chi non faceva pubblicità stava un gradino sotto e non era neanche considerato dalla distribuzione. Lo “spot” era il mezzo di vendita più efficace che fosse mai stato inventato. Era l’epoca del Marketing 1.0, quella del consumo di massa: i prodotti delle aziende si vendevano così come uscivano dalla fabbrica, il mercato era ricco, la domanda sopravanzava l’offerta e l’unico sforzo era quello di standardizzare, per incrementare al massimo la produzione.


A quell’epoca è subentrata, dopo parecchi decenni, l’era del Marketing 2.0: la gente ha cominciato a stufarsi della massificazione, si è imposto l’individuo; i mercati si sono segmentati le aziende hanno iniziato a fabbricare prodotti per “cluster” specifici. Il consumatore si è fatto più esigente e informato e i consumi si sono stabilizzati. L’obiettivo delle aziende è diventato quello di soddisfare e fidelizzare, ma l’ipersegmentazione e la crisi hanno reso più difficile il lavoro di imprese e marketer.


Oggi siamo già al Marketing 3.0: parola d’ordine, fornire soluzioni ai problemi della società. Vendere, in sostanza, diventa una rivendicazione di valori e le imprese che vengono premiate dal consumatore 3.0 sono quelle che innovano e propongono prodotti concepiti per rendere il mondo un posto migliore. Secondo uno studio condotto da Forrester Research, l’80% dei consumatori mostra sensibilità per le marche socialmente responsabili e il 18% di loro è disposto a pagare di più per i loro prodotti. L’85% dei consumatori americani vede positivamente le imprese che danno il proprio sostegno a cause sociali. Alcuni esempi? American Express si è impegnata nel restauro della Statua della Libertà a New York e ha registrato un incremento del 27% nell’uso delle sue carte di credito e del 10% nelle domande di rilascio in quell’anno. Mc Donald’s ha aperto in 25 paesi 235 Ronald Mc Donald’s House, ostelli dove vengono ospitate le famiglie dei bambini ricoverati in ospedali lontani da casa. La British Airways ha raccolto fondi per l’Unicef chiedendo ai viaggiatori di donare gli spiccioli in moneta estera che avanzavano tornando nel loro Paese. Luxottica si è fatta promotrice di della campagna “Give the Gift of Sight”, che consiste nel donare ai bisognosi gli occhiali usati nei paesi più ricchi.


Nel Marketing 3.0 la farmacia avrebbe parecchi argomenti da spendere a proprio favore: svolge un’indiscutibile funzione sociale, è presente sul territorio in modo capillare, garantisce un servizio continuo, 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno. Eppure, per usare posteil gergo del marketing, il suo brand non riesce a comunicare valore quanto dovrebbe. E non servono campagne pubblicitarie faraoniche o testimonial esosi, bastano soltanto buone idee. Come quella che, in Francia (dove di marketing e comunicazione se ne intendono), hanno avuto le Poste. Un’istituzione sotto certi aspetti non molto diversa dalle farmacie: è un servizio di pubblica utilità, ha una presenza capillare sul territorio e il suo lavoro quotidiano passa inosservato alla gran parte degli utenti, che quando ricevono una lettera neanche si domandano cosa sia stato necessario perché quella busta arrivasse fino a loro (proprio come quando ritirano un farmaco in farmacia). Ed ecco allora l’idea: utilizzare i 4mila furgoni che ogni giorno girano per le strade e consegnano la posta ai francesi come “manifesti” ambulanti, recanti slogan in stile Marketing 3.0. Il primo di questi messaggi, scelto per lasciare subito un forte impatto, ha avuto un successo straordinario: «Sorridete» recita la scritta riportata sulle fiancate «forse c’è una lettera d’amore per voi in questo furgone». Risultato, migliaia di francesi si sono resi conto che c’è qualcosa di straordinario in un servizio finora considerato da tutti quanto di più ordinario si potesse immaginare.


E allora domanda: che cosa potremmo scrivere sui furgoni dei grossisti che più volte al giorno consegnano i farmaci alle farmacie del territorio?

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AUTORI

Professore a contratto nel Corso di Marketing Management, presso il Dipartimento di Economia e Management, Università degli Studi di Pisa. Direttore Marketing & Responsabile della rete Farmondo, network di più di 100 farmacie indipendenti ubicate in Toscana e afferenti a Cef, Cooperativa Esercenti Farmacia.

Responsabile ufficio stampa e comunicazione esterna. Responsabile del progetto formazione per le farmacie. Responsabile per la versione Toscana della rivista Profilo Salute.

Laureato in Economia e Commercio all’Università di Pisa e Master in Marketing e Comunicazione presso la SDA Bocconi, ha maturato esperienze in tutta la filiera del settore farmaceutico: industria, consulenza in farmacia e distribuzione. E’ autore del libro “Marketing: recenti applicazioni e strumenti operativi” Edizioni Plus 2005