Non lasciate che a informare sia solo il foglietto

Non lasciate che a informare sia solo il foglietto

Informare è un’azione strategica. Quando poi si parla di prodotti, fornire informazioni è quasi doveroso: se ne certifica la qualità, si specificano le componenti, si racconta come nasce, come viene realizzato e quali sono le buone norme per utilizzarlo. Quindi, quelle che possiamo chiamare etichette informative, cartellini o shelf talker, sono di grande utilità ai consumatori: sono una vera e propria mappa per guidarli nelle scelte.
Nei negozi di elettronica, regno incontrastato di device e smartphone di ogni forma e natura, la targhetta a fianco del prodotto permette al cliente di apprendere tutte le caratteristiche utili (alle volte tanto tecniche da risultare incomprensibili ai non esperti). In libreria, accanto alle pile dei libri, possono essere consultate brevi recensioni con una sintesi della trama o uno stralcio dell’incipit: permettono ai clienti di muoversi tra romanzi, gialli, noir e racconti per selezionare il testo preferito. Nell’abbigliamento e nel mondo food, le etichette o targhette “parlanti” raccontano il ciclo di vita del prodotto, il modo in cui è stato pensato e realizzato, quello in cui va curato e consumato.


Questi supporti di comunicazione e informazione, oltre a manifestare l’interesse del brand a portare il suo prodotto a un livello di prossimità fortissima con l’acquirente e guidarlo così nel processo d’acquisto (alimentando le vendite), permettono di elevare il livello di confidenza del cliente con il punto vendita e la metodologie self service. Il cliente legge, s’informa, capisce la filosofia del marchio e decide se sposarla. E’ informato e consapevole.


E in farmacia? Dove sono le informazioni? Per lo più vengono ben nascoste: sono ripiegate con cura dentro le confezioni, sotto forma di foglietti illustrativi contenenti posologia, modalità d’uso e altre informazioni utili. Andrebbero invece esposti, tirati fuori, raccontati. Ma sarebbe di difficile gestione e organizzazione. Serve allora una soluzione alternativa che avvicini il cliente al prodotto raccontandone componenti, proprietà, modo d’uso. E’ necessario far “uscire” virtualmente le informazioni dalle confezioni e renderle fruibili all’utente, in termini di accessibilità e comprensione.


E’ il farmacista il responsabile di tale processo. Per esempio, può decidere di dedicare parte dello spazio espositivo alla “comunicazione” del prodotto, estrapolando dai foglietti illustrativi le informazioni utili. Basterebbe ricavarne la descrizione delle caratteristiche, le modalità di utilizzo, i componenti. E rendere queste informazioni “leggibili” per l’utente: serviranno a rassicurarlo nel suo approccio al prodotto, fidelizzarlo verso un punto vendita che sa parlare, spingerlo pian piano su un percorso di crescita educativa nell’ambito del benessere e della salute. Sul quale incontrerà anche il suo farmacista. Come si sa, repetita iuvant, quindi il cliente prima recepirà i messaggi provenienti dalla comunicazione in store, poi li risentirà nelle vostre parole e infine li ritroverà nel bugiardino o nel foglietto illustrativo. Si sentirà informato e confortato, capirà meglio il perché delle vostre scelte di assortimento e di esposizione e, col tempo, saprà scegliere con più coscienza e consapevolezza.


Una buona prassi da cui trarre spunto è quella delle aziende alimentari: sulla scia delle linee guida introdotte dal Regolamento 1169/11, adottato da Parlamento europeo e Consiglio Ue il 25 ottobre 2011, molte aziende stanno introducendo nelle etichette informazioni utili all’utente e alla sua alimentazione. Dal prossimo dicembre poi nelle etichette sarà obbligatorio rispettare alcune regole: testi stampati con un’altezza minima, per assicurarne la leggibilità; indicazioni obbligatorie sull’origine dei grassi vegetali; lista degli ingredienti (indicati in ordine decrescente) contenente gli eventuali allergeni. Sono regole sensate e utili, vanno messe in pratica anche per attuare un percorso di crescita culturale nel settore.


Questo buco culturale e di informazione colpisce più canali: l’utente è stato per anni “disinformato”. Ha comprato senza sapere né comprendere a fondo, anche per la difficoltà di reperire informazioni. Oggi, in un mondo multicanale, multitasking, multi-informatizzato, si incorre invece nel rischio opposto, quello della “cattiva informazione”. Anche nel mondo della salute si avverte la necessità di maggiore informazione ed educazione all’acquisto. E anche qui è vivo il pericolo che il cliente cada vittima della cattiva informazione. L’utente, infatti, cerca sul web informazioni su medicinali, malattie e cure e rischia di essere deviato e male informato. Per questo è importante che il farmacista tenga ben stretta la propria etichetta di competenza e professionalità: deve sempre “parlare” la lingua giusta, anche nella comunicazione non verbale. Che si tratti del bollino apposto su una selezione di prodotti consigliati dalla farmacia, dell’etichetta “parlante” che affianca una discesa o dello slogan salutistico «Fa bene a …» declinato sull’esposizione dei fitoterapici, tutto deve essere coerente e univoco. Trasformate la vostra farmacia in un luogo che fornisce informazioni. Avvalorerete il “made in Farmacia”.

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AUTORI

Consulente Senior Shackleton Consulting . Responsabile Progetto Promotion in Farmacia.

Coordina progetti di comunicazione e formazione per aziende di differenti canali su tematiche commerciali e di marketing.