Per salvare la marginalità agire sulla leva prezzo

Per salvare la marginalità agire sulla leva prezzo

La crisi pone in forte tensione i bilanci delle famiglie, la pressione fiscale è ai massimi storici, il tasso di disoccupazione (12,6%) non toccava questi valori dal 1977. I senza lavoro sono 3 milioni e 222 mila e a soffrire, oltre ai giovani (43% i disoccupati tra i 15 e i 24 anni), sono le donne (13,8%, fonti Istat). Gli effetti sui consumi sono sempre più evidenti: questa estate il 60% degli italiani non è andato in ferie e il 30% ha fatto vacanze meno lunghe dello scorso anno (Coldiretti/Ixè); si cerca di risparmiare su auto, abbigliamento, alimentari. Il 55% degli italiani cerca innanzitutto i prodotti in promozione, il 54% acquista solo ciò che è essenziale ed elimina il superfluo; crescono i volumi delle private label (marchi del distributore) che nel grocery incidono ormai per il 18,6%. Le insegne della Gdo aumentano la pressione promozionale che ha ormai superato il 28% e arriva a punte di quasi il 34% in Calabria e Sicilia.

Il comparto della farmacia risente della stessa congiuntura e ormai i consumatori tirano la cinghia anche sui prodotti destinati alla loro salute, che siano farmaco o parafarmaco. Nel canale però la pressione promozionale si aggira attorno all’1% soltanto e spesso è mal gestita, visto che è quasi sempre lasciata al caso. La farmacia, invece, dovrebbe cominciare ad agire sulla leva prezzo per migliorare la propria marginalità. E’ un gioco però che presuppone la conoscenza delle sue regole. Lo schema-base del profitto si basa su tre leve: costi, quantità e prezzo. Nel canale tutti gli sforzi si sono concentrati finora sull’ottimizzazione dei costi, ma è difficile ipotizzare che le farmacie possano continuare a migliorare il proprio livello reddituale operando soltanto su questa leva: il fondo del barile è stato ormai toccato, raschiarlo significa licenziare (i dipendenti) ma sarebbe controproducente perché si intaccherebbe il livello qualitativo del servizio con la conseguente diminuzione dei ricavi.

C’è poi la leva quantità, ma il mercato farmaceutico è ormai stagnante e saturo e un incremento delle quantità vendute si otterrebbe soltanto strappando quote di mercato alle altre farmacie. Il fatto però è che l’alto livello concorrenziale esistente nel canale rende oggi tale opzione estremamente faticosa. Non rimane quindi che la leva reddituale più potente, quella del prezzo: agire su tale variabile, infatti, significa incidere sugli utili con efficacia assai maggiore di un intervento sulle quantità, perché in quest’ultimo caso l’aumento dei ricavi è eroso dai costi di acquisto dei prodotti. Certo con la crisi imperante potrebbe sembrare folle giocare sui prezzi, ma aumenti che non comportassero diminuzioni nelle quantità vendute assicurerebbero effetti immediatamente positivi sugli utili. Il segreto è guardare all’elasticità della domanda rispetto al prezzo, cioè come reagiscono i consumatori al variare dei listini: di solito la domanda è anelastica sui prodotti ai quali viene riconosciuto un valore intrinseco elevato (per esempio i farmaci salvavita), è invece molto elastica su quei prodotti di uso frequente dove c’è competizione e sostituibilità (un modello vale un altro) e dove può quindi essere proficuo praticare sconti.

Se è vero che le farmacie devono imparare ad agire sulla leva prezzo sinergicamente con le altre (leva costi e leva volumi), è anche vero che capire il cliente è difficile. Tempo addietro alcuni ricercatori americani effettuarono un sondaggio su due gruppi di consumatori identici per composizione e profilo: al primo venne mostrato un modello di barbecue da giardino dal prezzo base di 350 euro, venduto in offerta a 250. Al secondo fu presentato lo stesso prodotto, ma si disse loro che il prezzo base ammontava a 255 euro e il prezzo scontato era di 240 euro. Risultato, nel primo gruppo il 75% degli intervistati affermò che avrebbe comprato subito il prodotto, nel secondo caso il 22%. Eppure a quest’ultimo gruppo era stato proposto lo sconto migliore. L’esempio dimostra che il consumatore non agisce in base a logiche perfettamente razionali, ma valuta sulla base di comparazioni con uno standard detto punto di riferimento. Il barbecue appariva un affare quando era scontato di 100 euro anziché di 15, perché un prezzo di riferimento più elevato faceva sembrare migliore la prima offerta. Non a caso, i listini sono spesso usati dalla distribuzione come punto di riferimento per rendere lo sconto ancora più interessante.

Un altro fenomeno da considerare nelle politiche di pricing è quello della sensibilità decrescente: ribassi analoghi perdono progressivamente di interesse quanto più ci si allontana dal punto di riferimento. Se ci offrissero una radiosveglia a 35 euro e il commesso ci dicesse che lo stesso modello è disponibile a 25 euro in un negozio della stessa catena a soli 20 minuti da lì, prenderemmo quasi tutti l’auto e andremmo nell’altro magazzino. Se invece ci offrissero una Tv a 650 euro e il commesso ci dicesse che lo stesso modello è disponibile a 640 euro in un negozio distante 20 minuti, pochi di noi si sposterebbero.

I due esempi del barbecue e del televisore offrono indicazioni importanti anche in materia di scontistica. Per cominciare, farne troppi e ininterrottamente è controproducente, perché i clienti potrebbero prenderli come la normalità e quindi non percepire più il vantaggio della promozione. Per essere appetibili, in sostanza, le offerte devono essere circoscritte nel tempo. La promozione in particolare deve essere fatta solo sui prodotti leader o sui nuovi prodotti e non deve durare più di 15/20 giorni, in conformità con la media di visite dei clienti e ricordando che alcune ricerche ci dicono che i migliori risultati si ottengono con sconti superiori al 25%. Inoltre, è consigliabile applicare la regola del 100 per valutare se sia preferibile comunicare gli sconti in percentuale o in cifra: per i prodotti con prezzo sotto i 100 euro è meglio usare la percentuale, perché il 20% di sconto su 25 euro fa più effetto che dire 5 euro; per i prodotti sopra i cento euro vale invece l’indicazione opposta.

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AUTORI

Professore a contratto nel Corso di Marketing Management, presso il Dipartimento di Economia e Management, Università degli Studi di Pisa. Direttore Marketing & Responsabile della rete Farmondo, network di più di 100 farmacie indipendenti ubicate in Toscana e afferenti a Cef, Cooperativa Esercenti Farmacia.

Responsabile ufficio stampa e comunicazione esterna. Responsabile del progetto formazione per le farmacie. Responsabile per la versione Toscana della rivista Profilo Salute.

Laureato in Economia e Commercio all’Università di Pisa e Master in Marketing e Comunicazione presso la SDA Bocconi, ha maturato esperienze in tutta la filiera del settore farmaceutico: industria, consulenza in farmacia e distribuzione. E’ autore del libro “Marketing: recenti applicazioni e strumenti operativi” Edizioni Plus 2005