Creare fedeltà nel nuovo scenario: la ricerca dell’Osservatorio Fedeltà dell’Università di Parma

Creare fedeltà nel nuovo scenario: la ricerca dell’Osservatorio Fedeltà dell’Università di Parma

I nuovi fenomeni portati dalla pandemia, come l’attenzione all’igiene e alla salute, la necessità di acquistare online, la preferenza per i processi di acquisto contactless, il ricorso a prodotti e servizi disponibili localmente, la centralità della casa come luogo di lavoro, studio e svago, per citarne solo alcuni, hanno modificato i comportamenti dei consumatori e le priorità di breve periodo delle aziende.

Che cosa significano questi fenomeni per le strategie di fidelizzazione?

Come Osservatorio Fedeltà dell’Università di Parma siamo convinti che esista un’opportunità senza precedenti nell’affidarsi alle strategie di fidelizzazione e agli strumenti di customer relationship management per navigare i tempi complessi che stiamo vivendo.

La prima domanda che l’Osservatorio Fedeltà dell’Università di Parma ha posto alle imprese italiane, nell’ultima indagine di settembre 2020, è stata “la sua azienda crede che la fedeltà possa essere il driver della ripartenza?”, per capire l’importanza assegnata alla fidelizzazione in questi tempi difficili. Il 58% ha risposto “molto o moltissimo”. Un’azienda su due (56%) l’anno prossimo investirà di più nelle strategie di loyalty e CRM, e un dato simile si rileva circa l’aumento degli investimenti di marketing e comunicazione (53%).

In particolare, per fidelizzare, dove verranno fatti cambiamenti nelle strategie aziendali?

Innanzitutto è stata evidenziata l’intenzione di cambiare sul fronte degli strumenti di engagement (41%) e della customer experience (37%), e anche della customer insight, per un’azienda su tre. È interessante soprattutto notare solo il 9% delle aziende non intende fare nessun cambiamento.

Lo strumento cui le aziende italiane, piccole e grandi, si affidano per realizzare i cambiamenti nella fidelizzazione che si prefiggono, è il CRM (Customer Relationship Management o gestione delle relazioni con i clienti), messo al primo posto da quasi il 40% dei rispondenti. Seguono altri tre strumenti che sono balzati alla ribalta a seguito dei nuovi comportamenti dovuti alla pandemia: servono piattaforme di ecommerce, strumenti per il marketing / monitoraggio dei social media, e strumenti per il customer journey mapping.

Quest’ultima è una espressione entrata solo da qualche anno nel lessico della loyalty. In particolare, da quando il loyalty management si è orientato alla creazione di fedeltà attraverso la realizzazione di una customer experience di qualità per i clienti, è diventato necessario dotarsi di strumenti per mappare il “viaggio” dei clienti attraverso i touchpoint del brand. La customer experience infatti si sviluppa attraverso tutte le occasioni di incontro tra il cliente ed il brand, che chiamiamo touchpoints ed il compito dell’azienda che vuole fidelizzare diventa quello di disegnare dei touchpoint che consentano una journey “senza cuciture”, coerente con la situazione del cliente, con il contesto e con l’immagine di marca.

Per farlo è necessario:  a) poter personalizzare, b) collegare i canali tra di loro in modo che risultino “senza cuciture” e, più in generale, c) essere in grado di raccogliere i dati tra i touchpoint, a livello di singolo cliente e integrarli in una vista coerente.

A che punto sono le aziende italiane su questi fronti, che rappresentano altrettante “condizioni” per poter gestire efficacemente l’esperienza del cliente?

Il 62% delle aziende utilizza i dati del CRM per personalizzare l’esperienza del cliente, seguiti dai dati storici delle transazioni e dai dati del programma fedeltà, che sono disponibili per il 50% circa delle aziende. Da quattro anni l’Osservatorio ha iniziato a monitorare la diffusione di quelle soluzioni, denominate “drive to store” o “drive to web”, che consentono al cliente di godere di servizi aggiuntivi spostandosi senza sforzo dal negozio fisico all’online o viceversa. Basti pensare al click & collect, offerto oggi dal 46% delle aziende, oppure alla consultazione in negozio dell’assortimento esteso tramite un chiosco o un tablet, oppure al couponing geolocalizzato su mobile (13%). Le aziende italiane hanno colmato un ritardo su questo fronte, spingendo l’acceleratore sull’adozione di queste soluzioni: nella slide qui sotto si notano in rosso i servizi che sono cresciuti di più dal 2019: il 22% delle aziende permette di prenotare online un appuntamento con il personale del negozio fisico; il 25% di controllare online la disponibilità di un prodotto in negozio; il 33% di restituire in punto vendita l’acquisto fatto online.

 

 

Il presupposto di tutti questi servizi è la tracciabilità del singolo cliente nei suoi spostamenti tra touchpoint, attraverso una qualche sorta di ID cliente. Oggi solo due aziende su tre sono in grado di farlo. Ed è su questo fronte che è necessario innanzitutto investire.

Infine, alle domande sugli strumenti che sarebbero stati adottati in autunno, se si fosse ritornati a situazioni simili a quelle vissute in primavera, come di fatto è accaduto, le aziende italiane rispondono con indicazioni che si potrebbero riassumere con “meno promozioni, più relazioni”.

 

 

Infatti dichiarano che innanzitutto adotteranno iniziative di CRM a contenuto non promozionale, potenzieranno gli strumenti di customer care, le DEM (direct email marketing), gli eventi digitali e la presenza del brand sui social media. Un’evidenza che le aziende italiane non lasceranno soli i propri clienti ma avranno cura del patrimonio relazionale sviluppato negli anni.

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