«Un indebolimento del sistema si tradurrebbe nell’aumento esponenziale del fenomeno delle carenze di farmaci, nella mancata accessibilità ai medicinali da parte delle classi meno abbienti, nell’impossibilità di sostenere le cure di talune malattie croniche, nella riduzione della concorrenza, della biodiversità della produzione e dei principi attivi utilizzati». La sintesi è di Lucio Poma – chief economist di Nomisma e coordinatore scientifico dell’Osservatorio sull’industria dei farmaci equivalenti – che ha presentato a Roma gli esiti dell’annuale report commissionato da Egualia sul “Sistema dei farmaci equivalenti in Italia”.
La questione non è di questi giorni, già da alcuni anni i vertici di Egualia parlano di rischio sostenibilità per un comparto – quello dei farmaci generici e biosimilari – essenziale per la sopravvivenza del nostro Servizio sanitario nazionale. Essenziale soprattutto perché fonte di risparmio per la sanità pubblica. Secondo le elaborazioni Nomisma, «relativamente ai soli farmaci di classe A, ipotizzando che tutte le confezioni di farmaci equivalenti dispensate nel 2023 fossero state vendute ai prezzi dei brand off patent, la spesa farmaceutica sarebbe aumentata di 460 milioni di euro. Dal 2012 ad oggi la cifra avrebbe raggiunto quota 6,250 miliardi di euro». Oltre sei miliardi di euro di risparmi, dunque, in poco più di un decennio.
Ad aggravare la situazione sono arrivate poi la pandemia prima e la guerra russo-ucraina dopo. Risultato: aumento dei costi dell’energia (carbone, gas e petrolio in media del 30%); aumento dei costi delle materie prime necessarie al confezionamento dei farmaci (alluminio +27%, vetro +24%, carta e plastica, rispettivamente, +19 e +3%). Non solo, Egualia lamenta anche aumenti di carattere burocratico: «Le spese sostenute per registrazione e autorizzazione alla vendita tra il 2016 e il 2023 sono aumentate del 26%».
Last but not least, il payback – meccanismo per il quale le imprese contribuiscono a ripianare gli sforamenti di budget – colpisce anche il comparto generici, non solo quello dei dispostivi medici: «Per i farmaci fuori brevetto – il cui acquisto è già regolato da meccanismi di gara che garantiscono il governo della spesa – in particolare per le aziende che operano in ambito ospedaliero, i tributi di ripiano nei prossimi anni impatteranno tra i 15% e il 18% del fatturato». Secondo dati Unioncamere negli ultimi tre anni una settantina di imprese del settore hanno dovuto chiudere i battenti o ricorrere a fusioni.
Il sistema, insomma, traballa ma non sembra, almeno finora, ricevere molte attenzioni dagli interlocutori istituzionali.
La questione carenze
Quello della carenza di farmaci è un fenomeno sempre più attuale e diffuso in Europa, uno dei problemi più gravi con i quali si devono confrontare le massime autorità comunitarie. L’Italia è tra i Paesi più colpiti e il report Egualia fa notare che «secondo i dati Aifa nel periodo 2018-2024 il numero di farmaci a rischio carenza è più che raddoppiato, passando da poco più di 1.600 a oltre 3.700. Quasi la metà (44%) delle carenze registrate nel 2024 è dovuta alla cessazione definitiva della commercializzazione, mentre poco più di un quarto è legata a problemi di produzione. Per quasi otto farmaci a rischio su dieci esiste un corrispettivo equivalente: un dato che conferma l’impensabilità di un sistema farmaceutico privo dei medicinali equivalenti». Allargando lo sguardo al mercato Ue «nel 2023 il 70% dei volumi dei farmaci oncologici e antidiabetici commercializzati in Europa è stato rappresentato da medicinali equivalenti, quota che sale al 82% se consideriamo i farmaci immunologici».
Per la verità se si guardano i dati regionali italiani si nota una certa difformità nell’uso degli equivalenti. Limitandoci ai farmaci Ssn, l’incidenza sul totale delle unità dispensate supera il 40% nella P.A. di Trento, in Friuli-Venezia Giulia e in Piemonte, mentre oltrepassa a malapena il 20% in Sicilia, Campania e Calabria. A testimonianza del fatto che in Italia una vera “cultura del generico” stenta ancora ad affermarsi.
Le richieste di Egualia
Tirando le somme l’associazione considera urgenti alcune misure a sostegno del comparto: «Eliminare il payback sui farmaci rimborsati o acquistati in gara dal Ssn; regolare il livello dei prezzi introducendo parametri di adeguamento all’incremento esponenziale dei costi di produzione; rivedere i criteri delle gare ospedaliere, concentrati prevalentemente sul meccanismo del massimo ribasso; prevedere un meccanismo di adeguamento dei prezzi ex factory dei farmaci a più basso costo e incentivare le imprese che adottano processi produttivi innovativi e tecnologie sostenibili».
Il presidente Stefano Collatina sollecita la ripresa di un dialogo stretto con il governo sulla governance farmaceutica e auspica che alcune delle misure necessarie siano contemplate già nella prossima legge di Bilancio: «Ci sono misure di sistema che possono essere introdotte senza impatto di spesa pubblica, come stabilire che le procedure di gara si svolgano per accordo quadro, e misure che opportunamente programmate posso essere gestibili in termini di impatto economico. Ci sono oneri impropri che pesano sulle imprese di farmaci fuori brevetto che vanno rivisti, senza dimenticare il tessuto industriale, incluso l’insostituibile ruolo del conto terzi nel nostro Paese».