Arriva la data ufficiale: il 6 novembre i circa 60mila dipendenti delle oltre 18mila farmacie private italiane si asterranno dal lavoro per 24 ore. Lo sciopero è stato proclamato da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs a seguito della rottura del confronto con Federfarma sul rinnovo del Contratto collettivo nazionale, scaduto il 31 agosto 2024.
Le richieste dei sindacati
Secondo le tre federazioni la proposta economica di 180 euro lordi complessivi in tre anni è stata ritenuta “inadeguata”, a fronte della richiesta di 360 euro mensili e di una revisione delle tutele contrattuali.
Le organizzazioni sindacali richiamano il ruolo delle farmacie private come “presidio sanitario e sociale essenziale per il Paese”, sottolineando che il servizio offerto “va ben oltre la dispensazione dei farmaci”. Nelle dichiarazioni riportate, la professionalità delle farmaciste e dei farmacisti è descritta “come primo punto di riferimento per milioni di cittadini in tema di salute, assistenza e prossimità sanitaria”; da qui l’appello a un contratto che riconosca “rispetto e riconoscimento concreti, non parole vuote”.
Le sigle ricordano di avere perseguito un confronto definito “costruttivo”, avanzando proposte su adeguamenti salariali, conciliazione vita-lavoro, riconoscimento della professionalità (anche in relazione alla farmacia dei servizi) e percorsi formativi per valorizzare le competenze.
La posizione di Federfarma
In una nota ufficiale, Federfarma risponde ai sindacati: “uno sciopero e una costante rigidità che stanno solo rallentando le trattative e il miglioramento delle condizioni dei dipendenti di farmacia”. La Federazione precisa che, pur rientrando nell’esercizio dei diritti costituzionali, “questa ulteriore iniziativa pone nuovi ostacoli al rinnovo del contratto, rallentando le trattative che erano state riavviate e rimandando l’applicazione di nuove condizioni volte a migliorare gli aspetti economici e il livello della qualità della vita dei dipendenti di farmacia”.
Federfarma ricorda di avere formulato una prima offerta di 120 euro, poi aumentata a 180, e di essere disposta a riconoscere ulteriori benefit: servizi di welfare, percorsi formativi in orario di lavoro e garanzie aggiuntive in materia di maternità e infortunio. La richiesta sindacale di 360 euro viene definita “irrealistica” perché insostenibile per molte farmacie, in particolare nei piccoli centri e nelle aree economicamente più deboli.
La Federazione ribadisce inoltre che le farmacie svolgono un servizio pubblico essenziale: il 6 novembre i cittadini troveranno comunque aperto grazie alle fasce di garanzia.
Primo sciopero nazionale
La protesta arriva dopo l’esito negativo della procedura di conciliazione del 20 ottobre, successiva allo stop del tavolo negoziale. Sul punto, le ricostruzioni riportate nei testi evidenziano posizioni opposte: i sindacati parlano di indisponibilità a riconoscere incrementi retributivi e soluzioni normative allineate al costo della vita; dall’altro lato, Federfarma richiama la necessità di un accordo sostenibile per l’intera rete, dalle realtà più grandi alle rurali.
Un primo grande segnale di tensione era già arrivato a Cagliari, dove il 17 ottobre si era svolta una giornata di sciopero con presidio davanti alla Prefettura. L’iniziativa, organizzata dalle stesse sigle sindacali, aveva anticipato la protesta nazionale, evidenziando le difficoltà di un confronto che da tempo procede senza passi avanti concreti.




