Il 9 settembre è scaduto il termine fissato dal decreto Economia n. 95/2025 per la definizione del payback sui dispositivi medici riferito al quadriennio 2015-2018. Per il sistema delle imprese l’onere complessivo stimato si aggira attorno a 520 milioni di euro. La chiusura della finestra non spegne però i nodi aperti sul piano operativo e regolatorio, già evidenziati nelle ultime ore utili alla scadenza.
520 milioni sul quadriennio 2015-2018, associazioni chiedono rinvio, chiarezza sui provvedimenti regionali e tavolo al Mef
Confindustria Dispositivi Medici ha segnalato pubblicazioni regionali non omogenee, oltre a importi indicati senza scorporo dell’Iva. Criticità che, secondo l’associazione, impediscono di calcolare con precisione le somme effettivamente dovute e incidono sulla gestione di cassa, in particolare per le pmi. Il quadro si inserisce in una fase resa più instabile da dazi statunitensi e da un contesto macroeconomico che non facilita programmazione né investimenti. Da qui la richiesta di un intervento di respiro più ampio: cancellazione definitiva del payback relativo agli anni successivi (2019-2024) da valutare in Legge di Bilancio, oltre alla ripresa del confronto sulla governance dei dispositivi medici presso il Mef, con revisione dei tetti di spesa e criteri aggiornati per garantire sostenibilità e innovazione senza trasferire sui fornitori oneri ritenuti insostenibili.
Sulla scadenza del 9 settembre si è mossa anche Fifo-Sanità Confcommercio. La Federazione ha inviato al Mef una richiesta di rinvio, motivata da difficoltà di liquidità per numerose piccole e medie aziende che avevano manifestato l’intenzione di aderire alla misura ridotta. Il punto sollevato riguarda la tempistica: la norma che consente l’accesso a finanziamenti garantiti risulta operativa dal 10 agosto, dunque con una finestra utile molto compressa fino al 9 settembre, periodo in cui molti istituti di credito hanno limitato l’operatività allo sportello. Secondo Fifo, questa combinazione ha reso complesso finalizzare le pratiche necessarie.
Un secondo profilo riguarda le compensazioni. Le imprese chiedono un’indicazione chiara alle Regioni perché eventuali recuperi avvengano su una quota pari a un quarto degli importi indicati nei provvedimenti, in coerenza con gli indirizzi richiamati nelle posizioni associative. L’obiettivo dichiarato è evitare effetti distorsivi sulla continuità aziendale di operatori già sotto pressione su margini, tempi di pagamento e fabbisogni circolanti.
Il focus resta ora su due snodi. Il primo riguarda la gestione applicativa da parte dei servizi regionali: servono istruzioni trasparenti su calcolo, Iva, modalità di riversamento e su eventuali compensazioni, così da ridurre contenzioso e incertezza nelle fasi successive alla scadenza. Il secondo riguarda il percorso politico-amministrativo: il settore attende la convocazione di un tavolo presso il Mef per aggiornare tetti di spesa e regole, con particolare attenzione alla capacità innovativa della filiera dei dispositivi, alla programmazione degli investimenti e alla coerenza con i bisogni del Servizio sanitario nazionale.