Botanicals, un documento per fare chiarezza sulla qualità

Botanicals, un documento per fare chiarezza sulla qualità

Secondo il Rapporto Censis 2019 dedicato al valore sociale dell’integratore alimentare, sono due le sfide per il settore degli integratori alimentari: proporre prodotti di alta qualità, sicuri, in linea con le capacità migliori maturate nel settore e all’altezza delle aspettative crescenti dei cittadini; e realizzare una comunicazione di qualità, certificata, capace di veicolare il punto di vista dei saperi esperti, in particolare dei medici. Con questo scopo, nasce il Consensus Paper “Integratori di origine botanica: approccio multidisciplinare alla qualità” – finalizzato a fare chiarezza sui criteri di qualità in termini di materia prima e di processi produttivi – che ha ricevuto l’egida della Società italiana di nutraceutica (Sinut).

Qualità, sicurezza, ma anche efficacia dimostrata

Il documento ha l’obiettivo di mettere a disposizione di medici, farmacisti, consumatori, organi di informazione, una fonte scientificamente autorevole che faccia chiarezza sui temi della qualità, della sicurezza e dell’efficacia degli integratori di origine botanica. Un settore che include una quantità di prodotti molto differenti fra loro.

Gli integratori di origine vegetale vengono indicati come «Botanicals, utilizzando un termine anglossasone dal respiro più internazionale, che in italiano è “estratto erbale”», spiega Arrigo Cicero, presidente della Sinut. L’impiego dei botanicals negli integratori alimentari è disciplinato in Italia dal Decreto ministeriale del 10 agosto 2018, che contiene le piante della lista Belfrit, messa a punto con le autorità competenti di Belgio e Francia.

Per quanto riguarda la qualità, «esistono tre livelli da tenere in considerazione», ricorda Alessandro Colletti, segretario nazionale della Società italiana di formulatori in nutraceutica. «Il primo livello è la qualità della materia prima, che prevede controlli sulla assenza di contaminanti tipici dei prodotti vegetali, cioè dagli inquinanti chimici, come metalli pesanti e pesticidi, alle micotossine».

Per una materia prima di qualità sono necessari l’identificazione della pianta, attraverso specifici protocolli ed analisi, quale ad esempio i controlli botanici, i profili cromatografici, o l’analisi del Dna; la purificazione dell’estratto botanico; la standardizzazione dell’estratto, procedimento di combinazione di lotti differenti che permette di garantire che l’estratto botanico abbia sempre la stessa composizione dei costituenti, in modo da ridurre la variabilità naturale presente nel materiale vegetale di partenza. «Un secondo punto è poi la qualità formulativa, cioè come il prodotto viene formulato per svolgere il suo effetto fisiologico», aggiunge Coletti, «infine la qualità produttiva con la messa a punto di un processo produttivo standardizzato che garantisca omeogenità del prodotto finito».

Rimane la tendenza diffusa a considerare gli integratori alimentari prodotti “naturali e quindi buoni”. Invece, l’impiego di tali prodotti richiede «di evitare il fai-da-te, e di fare una valutazione complessiva del soggetto interessato, perché gli ingredienti di derivazione botanica hanno effetti fisiologici che vanno conosciuti e valutati rispetto alla situazione specifica del soggetto che vuole assumerli», sottolinea Diego Fornasari, docente di Farmacologia all’Università di Milano.

Il medico e il farmacista devono valutare le possibili interazioni tra l’ingrediente di origine botanica che il soggetto si accinge ad assumere e qualsiasi altro principio attivo si stia assumendo contemporaneamente sia esso naturale o di sintesi.

Gli integratori botanici dovrebbero, dunque, essere preferibilmente consigliati dal medico o dal farmacista, che devono affrontare la prescrizione o il consiglio con l’approccio rigoroso utilizzato per tutte le altre prescrizioni.

Infine, spiega Mariangela Rondanelli, docente di Scienze e tecniche dietetiche applicate presso la facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università di Pavia, «sebbene la normativa italiana relativa agli integratori di origine botanica non richieda evidenze di efficacia basate su studi scientifici, esistono prodotti la cui efficacia è stata dimostrata da studi preclinici e clinici rigorosi, spesso condotti con una metodologia assimilabile a quella richiesta per i farmaci».

L’efficacia di un integratore di origine botanica rispetto alla funzione fisiologica che dichiara di avere è quindi verificabile attraverso: la disponibilità e autorevolezza di studi preclinici e clinici specifici sull’ingrediente; le evidenze di farmacocinetica, ovvero studi di farmacocinetica dedicati al prodotto specifico con la sua specifica formulazione, evidenze di studi clinici sulle attività fisiologiche salutari, ovvero dati che portino all’evidenza dell’impatto sulle funzioni fisiologiche svolto dall’ingrediente o dall’integratore.

Il documento è frutto del lavoro di un gruppo di esperti italiani e stranieri, che nasce su iniziativa di Indena, azienda che si occupa della produzione di ingredienti botanici di qualità, e dell’azienda farmaceutica Scharper.

 

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