Cosmetica, cambiano le tendenze di acquisto

Cosmetica, cambiano le tendenze di acquisto

Si fa strada tra gli italiani la voglia di uscire dalla “quaresima” della crisi e ritrovare fiducia, anche attraverso acquisti che premiano benessere e bell’essere. Lancia segnali di ottimismo il V Rapporto sul valore dell’industria cosmetica in Italia, il dossier realizzato dalla società di ricerche Ermeneia per Cosmetica Italia (l’associazione che rappresenta le industrie del comparto). La stagnazione dei consumi non ce la siamo ancora lasciati alle spalle (tanto che il settore chiude il 2013 con una crescita della produzione del 2,6% per merito soltanto dell’export, perché il fatturato nazionale cala dell’1,2%) ma le previsioni per l’anno in corso invitano a ben sperare: secondo un’indagine condotta a primavera tra gli associati a Cosmetica Italia, il 66,7% delle imprese ritiene che il 2014 si sia aperto sotto buoni auspici o comunque in modo positivo.
La stessa ambivalenza contraddistingue i dati di vendita nei singoli canali: la farmacia chiude il 2013 nel segno della stabilità (+0,3% nelle vendite di cosmetici) come la gdo (+0,1%, ma iper e super calano del 4,7%), le profumerie perdono il 3,8%, istituti di bellezza ed estetiste arretrano del 5,5%. La risultante di tali tendenze contrapposte è un aumento della quota di mercato della farmacia,  le cui vendite rappresentano ormai il 18,4% del totale a valori, quattro punti sotto le profumerie (che soltanto sette anni fa stavano davanti di dodici punti). «Più in generale» ha spiegato Gian Andrea Positano, responsabile del Centro studi di Cosmetica Italia, nell’evento organizzato la settimana scorsa a Roma per presentare il Rapporto «nel cosmetico i canali tradizionali – gdo, farmacie – tengono mentre quelli dedicati – profumerie, acconciature – calano».

Ma la vera novità, come si diceva, arriva dagli orientamenti del consumatore: che continua a dedicare grande attenzione al prezzo e al rapporto costo-qualità, ma sembra aver messo da parte le paure degli anni più bui della crisi: secondo un sondaggio condotto da Ermeneia su un campione rappresentativo di cittadini, gli italiani che dichiarano senza remore di aver acquistato di più nonostante la congiuntura sono quest’anno il 28,8% del totale, quasi nove punti in più rispetto al 2013. «Il comportamento dei consumatori» ha spiegato Nadio Delai, presidente di Ermeneia «si sta facendo “aciclico”, cioè diventa sempre più indifferente alla congiuntura». In questo contesto, cresce e si svincola dalla crisi il fenomeno della multicanalità: «Il consumatore abbina sempre più spesso acquisti e prodotti provenienti da canali differenti» ha continuato Delai «e l’ascesa di discount e negozi monomarca è uno degli effetti di tale trend, assieme al successo della private label. Chi compra non vuole più rinunciare alla libertà di scegliere miscelando canali di vendita e marche».


La crisi, in particolare, non intacca la crescente “irrinunciabilità” del cosmetico, considerato sempre più spesso un componente fondamentale della cura della persona che si tratti di prodotti per l’igiene del corpo o per la bellezza come trucco e profumi: tra il 2010 e il 2014 tale irrinunciabilità è cresciuta di circa il 10% per quanto riguarda i prodotti destinati alla cura del corpo e dei capelli, del 30% per i profumi e del 40% per i prodotti da trucco. Semmai la crisi influenza i comportamenti dei consumatori negli acquisti: il 47,2% afferma che «la crisi mi ha spinto a comprare prodotti cosmetici nei canali più diversi, a seconda del migliore rapporto prezzo/qualità» (nel 2013 erano il 30,5%), il 29% dice che «la crisi mi ha indotto a comprare prodotti anche via internet attraverso l’e-commerce» (erano il 19,7%) e il 27,2% ha dichiarato «di aver acquistato prodotti cosmetici anche tramite vendite dirette “porta a porta”». Non a caso, nel 2013 si registra una contrazione delle vendite di cosmetici nei super e negli ipermercati (-4,7%), nei liberi servizi (-11,1%) e nella Traditional Grocery (-9,1%), mentre aumentano le vendite nei canali economici come i discount (+5,4%).


Un’altra variazione di rilievo che si è affermata negli ultimi anni (anche se ha molta strada da fare a confronto con ciò che avviene negli altri Paesi) è quella concernente la progressiva diffusione della cosiddetta “marca del distributore” (o private label): le catene distributive si sono sempre più impegnate per aumentare l’assortimento di tali prodotti e migliorarne il posizionamento all’interno di fasce di qualità/prezzo più vicine alle marche leader, con la proposta pure di prodotti di fascia premium; si è così registrato un incremento della quota media di mercato della “marca del distributore” del 7%, ma con aumenti anche del 12% nelle marche più performanti. Nel Rapporto 2014 di Cosmetica Italia, d’altronde, il 41,5% degli intervistati ammette di avere «acquistato più prodotti cosmetici di questo tipo, visto che costano meno e sono di buona qualità».


Nello stesso alveo, infine, va collocato il fenomenodei negozi monomarca (non meno di 300 milioni di euro di fatturato) con una dinamica di crescita nel 2013 attorno al 40%: il loro successo offre un’idea del fenomeno dei “canali-non canali” che taglia trasversalmente il mercato e incontra il favore dei consumatori proprio per le modalità di offerta che li ccontraddistingue e soprattutto per l’“ambiente” in cui si accolgono i clienti. Il 49,7% degli intervistati afferma esplicitamente che «quando acquista prodotti cosmetici apprezza in particolare la capacità del personale di essere accogliente, di dare qualche buon consiglio, di far provare dei prodotti e di aiutare così il cliente a fare delle scelte più adatte per la sua persona». E’ un’ulteriore conferma dell’importanza che nel retail va acquistando la cosiddetta shopping experience.

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