Crisi, classe media sempre più “operaia”

Crisi, classe media sempre più “operaia”

Tra gli effetti della crisi che dal 2008 soffia sul Paese, c’è anche la “retrocessione” di una parte della classe media verso i ceti popolari. Nel senso che una fetta crescente della cosiddetta “borghesia” sente e ritiene di appartenere ormai alla “classe operaia”, non solo per condizione economica ma anche per acquisti. E’ uno dei dati che emergono dal Rapporto Coop 20015 sui consumi, curato da Ancc-Coop, Nielsen e Ref Ricerche. La fotografia che ne risulta è quella di un Paese che sta risalendo la china dopo una lunga recessione, ma in cui l’ascensore sociale si è bloccato.


Il Rapporto, in particolare, cita un recente studio di Confindustria, secondo il quale in Italia il figlio di un operaio di età compresa tra i 30 ed i 50 anni ha il 62% di probabilità di essere a sua volta operaio. Tenuto conto che negli anni Novanta le probabilità si coop borghesiafermavano al 50%, è come se il Paese fosse tornato indietro di diversi decenni nella mobilità sociale. Parallelamente, rileva ancora il Rapporto, si è fatalmente interrotto il processo di “cetomedizzazione” che aveva segnato la fine del XX secolo. Secondo l’Osservatorio sul capitale sociale di Demos e Coop, il 52% degli italiani si colloca nei “ceti popolari” o nella “classe operaia”, mentre solo il 42% ritiene di appartenere alla “classe media”; prima della crisi, invece, a dichiarare l’appartenenza al ceto medio era il 53% degli italiani, mentre solo il 40% si autodefiniva “classe operaia”.


Come se non bastasse, i dati rivelano anche il ribaltamento delle aspettative di tutte le categorie professionali, a partire da quelle tradizionalmente incasellate nella piccola borghesia: prima della crisi, sei lavoratori autonomi e imprenditori individuali su dieci si sentivano parte della classa media, oggi sono poco più di cinque. E la percezione di arretramento sociale riguarda soprattutto le donne, che hanno subito gli effetti più duri della crisi soprattutto in ambito lavorativo. Non a caso, in Italia le casalinghe sono circa 8 milioni di persone, 700 mila delle quali nella fascia under 35. E più dei due terzi si posiziona oggi fra i ceti popolari, quando all’inizio della crici non erano più del 50%.
Le strategie di marketing della farmacia non possono permettersi di trascurare questa evoluzione.

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