Default, come evitare l’incubo

Il calo inarrestabile della ricetta Ssn sta mettendo in difficoltà chi negli anni passati ha acquistato la farmacia con forti finanziamenti. I consigli degli esperti per evitare il baratro del fallimento

Default, come evitare l’incubo

Ha fatto scalpore e ne hanno parlato in tanti: in Friuli una piccola farmacia di montagna si è arresa alle cifre e ha dichiarato fallimento. Non è la prima in Italia – soltanto nel 2012 in Campania se ne sono contate quattro – ma per l’impressione che ha suscitato è come se lo fosse. Per svariate ragioni: innanzitutto stiamo parlando di nord-est d’Italia, l’area più ricca del paese anche se la crisi ha colpito duro; poi da queste parti non ci sono ritardi biblici nei pagamenti dalle Asl, né inefficienze della Pubblica amministrazione alle quali aggrapparsi per trovare facili spiegazioni; infine, non risultano dissipatezze nella conduzione aziendale che in qualche modo diano giustificazione del fallimento. Ed ecco allora perché tanto clamore attorno al caso: la farmacia friulana ha portato i libri in tribunale perché il suo titolare non riusciva più a stare nel mutuo con cui anni fa l’aveva acquistata; perché da quell’anno le entrate assicurate dalla ricetta Ssn si sono ridotte a tal punto (il 70%, a causa anche della “accanita” distribuzione diretta perseguita dall’Asl di riferimento) che non era più possibile tenere in piedi l’impresa. Lo scalpore, in sostanza, è dato dal timore che il caso friulano potrebbe presto avere altre repliche: in quella stessa zona (Federfarma regionale parla senza remore di altre quattro o cinque farmacie sull’orlo del baratro) ma anche nel resto del paese.
Ci sono pure i dati degli esperti a confermarlo: «Da qui a due anni» prevede Franco Falorni, commercialista e docente di economia d’impresa alla facoltà di Farmacia di Pisa «il 12% delle farmacie correrà concreti rischi di default». In gran parte, si tratta di quelle imprese il cui titolare ha acquistato quando il mercato Ssn era un altro e la parte di capitale coperta da prestito veniva da valutazioni troppo ottimistiche. «C’è chi ha acquistato sobbarcandosi finanziamenti pari anche all’80% del fatturato medio» osservano Marcello Tarabusi e Giovanni Trombetta, commercialisti dello studio Guandalini di Bologna «e con il calo della ricetta Ssn è evidente che oggi non ci sta più. Purtroppo sono parecchi, anche per colpa di consulenti che facevano i conti proiettando all’infinito la situazione economica di quel momento. Il tacchino razzola e vive bene per un po’, ma questo non significa che sarà così per sempre perché prima o poi arriva il Natale». In sostanza, sarebbe stato meglio essere più prudenti: «I rischi di shock inaspettato andrebbero sempre tenuti in considerazione» continuano Tarabusi e Trombetta «meglio non ricorrere a finanziamenti per più del 50-60% del fatturato medio della farmacia».
Resta da capire quali opzioni rimangono a quei titolari che hanno acquistato quando la ricetta Ssn aveva il vento in poppa e oggi fanno sempre più fatica a stare nei conti. Ritrattare il prestito con la banca per abbassare la rata, allungando il periodo del finanziamento? «E’ sicuramente consigliabile» risponde Paola Castelli, commercialista dell’omonimo Studio «ma è bene accertarsi sul contratto che l’eventuale rinegoziazione non comporti l’applicazione di penali o ulteriori oneri. Se l’istituto finanziatore ha aderito all’accordo, è anche possibile chiedere la moratoria, ossia la sospensione del pagamento della quota capitale per un anno». «Attenzione però a evitare operazioni che trasformano il debito in altro debito» avverte ancora Falorni «nel 2005 fa si ottenevano finanziamenti con tasso Euribor più l’1 o il 2%, oggi c’è l’Euribor più il 5 o il 6%». Ed ecco allora che per Falorni il consiglio rimane sempre lo stesso: «la prima mossa deve restare quella di cercare al proprio interno le risorse per recuperare l’equilibrio finanziario. In altri termini, ricapitalizzare l’impresa farmacia». Due le opzioni principali: «Aggiungere nuovi soci oppure smobilizzare capitali, ossia vendere immobili o altro». E poi c’è la terza strada, quela del concordato preventivo: «L’opzione concorsuale» avvisa Falorni «non va vista in modo drammatico e in specifici casi può essere la soluzione migliore per arrestare il declino finale dell’impresa. E’ un modo per cristallizzare la situazione debitoria per due o tre anni e concordare con i creditori un piano di rientro adeguato». «E’ una forma di ristrutturazione del debito sotto il controllo del Tribunale» specifica ancora Paola Castelli «nei casi più gravi è certamente da prendere in considerazione». Titolare avvisato…

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