Farmacia on line Uk tenta sbarco in Italia

Dal Regno Unito sbarca in Italia una e-pharmacy che vende on line farmaci etici. Federfarma e Fofi ne chiedono subito l'oscuramento, ma intanto per il 30 giugno c'è da recepire la direttiva sull'e-commerce

Farmacia on line Uk tenta sbarco in Italia

Alla fine gli alieni sono sbarcati in casa nostra. Grazie a una pagina di pubblicità sul quotidiano La Stampa di giovedì scorso. Sulla quale campeggiava indirizzo internet e “claim” di una farmacia on-line, la prima a osare la vendita a distanza di farmaci etici in Italia alla luce del sole, senza parifrasi o mascheramenti. Possibile? Per questa farmacia sì: www.121doc.it – questo il nome del sito – farebbe infatti capo a una e-pharmacy del Regno Unito, dove la vendita a distanza degli etici è consentita; si tratta della Pearl Chemist, della quale viene riportato indirizzo (134-136 Mitcham Road, Tooting Broadway, London), numero di registrazione al General pharmaceutical council (l’ente britannico che vigila sulle farmacie) e nome del titolare. La tesi dei proprietari, con ogni probabilità, è che se il sito è inglese si applica la legislazione britannica, anche se poi a comprare sono cittadini di altri Stati.
Per Federfarma e Fofi, invece, le cose stanno in modo assai diverso: i testi sono redatti in lingua italiana, il dominio è italiano (anche se i server potrebbero essere ubicati in Gran Bretagna o chissà dove) ma soprattutto è italiano il numero di telefono con prefisso 06 riportato in bella evidenza nella homepage.Non c’è nessuna indicazione che permetta di identificarlo come il centralino al quale rivolgersi per ordini e acquisti, ma la tentazione per chi naviga è di considerarlo tale. E allora, per sinacato titolari e ordine dei farmacisti c’è abbastanza per chiederne l’oscuramento. Federfarma lìha già fatto con tre lettere inviate ad Agenzia del farmaco, ministero della Salute e Polizia postale. E alle quali seguirà anche una segnalazione all’Antitrust per «pubblicità ingannevole e pratiche commerciali sleali». «Come è noto» si legge nella missiva del sindacato «la vendita di farmaci con obbligo di ricetta medica è vietata su tutto il territorio nazionale. Chiediamo pertanto di prendere urgentemente tutti i provvedimenti del caso al fine di oscurare la visione di tale sito».
Si vedrà. Intanto l’episodio ricorda che in tema di farmacie on line l’Italia ha davanti a sé una scadenza: è quella del 30 giugno, termine entro il quale il nostro paese deve recepire la direttiva europea sulla contraffazione dei medicinali. E nella quale c’è un capitolo dedicato proprio alla vendita a distanza: «Fatte salve le disposizioni legislative nazionali che vietano la vendita a distanza al pubblico di medicinali soggetti a prescrizione medica» recita la direttiva «gli Stati membri provvedono affinché i medicinali siano messi in vendita a distanza al pubblico mediante i servizi della società dell’informazione». In sostanza, i Paesi Ue sono liberi di vietare sul proprio territorio l’e-commerce dei farmaci etici, ma non degli altri (i senza ricetta) per i quali possono comunque emanare norme di dettaglio per regolarne distribuzione e autorizzazioni.
Niente di nuovo. La direttiva non fa altro che muoversi nel solco aperto una decina di anni fa dalla nota sentenza Doc Morris della Corte di giustizia europea, secondo la quale gli Stati membri non possono vietare la vendita on line di farmaci Otc da parte di siti autorizzati da altri paesi dell’Unione. Ancora qualche settimana, dunque, e per l’Italia ci sarà da fare la stessa scelta della Francia, che a fine dicembre aveva emanato un decreto per la regolamentazione dell’e-commerce farmaceutico: sì alla vendita on line ma solo dei farmaci senza obbligo di prescrizione, e soltanto da parte di siti facenti capo a farmacie “fisiche” con regolare autorizzazione.
Questo, con ogni probabilità, è ciò che prossimamente accadrà anche in Italia.

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