La farmacia nell’era di “Internet delle cose”

La farmacia nell’era di “Internet delle cose”

Si chiama Internet of things (l’Internet delle cose, Iot) ed è la locuzione che indica tutti gli oggetti, i dispositivi e i sistemi capaci di connettersi automaticamente al web (o al cloud) e trasmettere informazioni. Si tratta di un settore in rapida espansione, che vale ormai più di 5,4 miliardi di dollari a livello mondiale ed è destinato (secondo alcune ricerche) a quadruplicare il giro d’affari da qui al 2020. Avremo automobili capaci di connettersi a Internet per scaricare mappe stradali e informazioni di viaggio, oppure trasmettere dati sulle prestazioni del motore o lo stato di efficienza delle gomme, per programmi di diagnostica remota; orologi collegati allo smartphone o ai siti meteo per le previsioni del tempo, o alle nostre agende digitali per ricordare scadenze e appuntamenti; apparecchi foto e video che scaricheranno le immagini via wireless nei nostri computer o su facebook, così come cyclette o frigoriferi che terranno traccia di quanta ginnastica facciamo o che cosa mangiamo (per farlo sapere, magari, al nostro medico).


Ma il settore dove gli esperti stimano per l’Iot un futuro radioso è quello della salute e dell’e-Health, la Sanità digitale. Per chi cura, disporre delle giuste informazioni al momento giusto è vitale e le tecnologie Iot assicurano trasmissione e gestione dei dati nel modo più efficiente oggi possibile. Se poi questi dati vengono trasmessi in modo automatico, si escludono errori e omissioni: si immagini solo quanto sarebbe facile monitorare l’aderenza alle terapie grazie a barattoli di pillole forniti di microchip (solo per anticipare una delle prossime applicazioni Iot in campo farmaceutico) che fanno sapere al medico curante se nelle 24 ore il paziente ha aperto il tappo per prendere il suo farmaco.


In realtà le applicazioni Iot in campo sanitario vanno ben al di là delle confezioni “intelligenti” di farmaci. Il monitoraggio remoto, in effetti, è uno dei fronti dove sperimentazioni ed esperienze sono più feconde, perché deospedalizzazione e domiciliarizzazione delle cronicità invitano allo sviluppo di apparecchi che trasmettano in tempo reale, a medici e ospedali, i dati clinici del paziente. Negli Stati Uniti, per esempio, una società specializzata in servizi sanitari a domicilio ha messo a punto un sistema chiamato e-Neighbor: grazie a sensori indossati dal paziente e installati in casa, monitora infortuni (cadute dalle scale), malesseri improvvisi, terapie farmacologiche interrotte e altro ancora. Le stesse cose fa anche InTouch Health, una piattaforma approvata dalla Fda che permette consulti e controlli a distanza: grazie a una videocamera robotizzata installata in casa del paziente e comandata tramite iPad, il medico può informarsi quotidianamente delle condizioni del malato, informarsi sugli effetti delle terapie, monitorare umore e stato di salute. Poi si sconfina nella fantascienza: grazie a microcamere delle dimensioni di una pillola, sarà presto possibile effettuare esami diagnostici interni direttamente da casa, senza neanche la necessità di ricoverare il paziente.


Un altro settore della salute dove l’Iot promette grandi cose è quello dei dispositivi portatili. Fino a oggi la tecnologia ha sfornato misuratori digitali di calorie e contatori di passi, che sempre più spesso le assicurazioni americane consigliano ai loro clienti (con sconti e agevolazioni sulle polizze sanitarie) per educarli a stili di vita più sani e risparmiare così su interventi e cure. Anche qui però ci saranno presto nuove conquiste. OMsignal, per esempio, ha iniziato a commercializzare una maglietta (lavabile in lavatrice) fornita di sensori che monitorano i parametri vitali della persona; in caso di affaticamento, attraverso un dispositivo connesso, la t-shirt consiglia al proprietario una sosta o un periodo di riposo. LifeBeacon ha sviluppato un pendente che invia una richiesta di soccorso medico attraverso il segnale del telefono cellulare, comprensivo delle coordinate gps del luogo di trasmissione. Grazie ai Google glass (gli occhiali di Google con vista amplificata), i dottori potranno visualizzare sulle lenti i dati clinici e i referti dei loro pazienti, anche mentre visitano od operano. Per finire sarà sempre più frequente l’uso di dispenser, flaconi e barattoli “intelligenti,” che tramite chip e connessioni remote diranno ai medici dove e quando i loro pazienti assumono i farmaci prescritti. Philips Medication Dispensing Service e Divert-X sono due sistemi già in uso negli Stati Uniti e le esperienze dicono che non solo aumenta l’aderenza alle terapie, ma si riducono anche gli errori nella prescrizione e nella somministrazione. Non c’è quindi motivo perché questi sistemi vengano progressivamente estesi anche ai cronici domiciliarizzati in politrattamento.


A questo punto viene da chiedersi che cosa resterà della farmacia territoriale una volta che l’Iot avrà sviluppato pienamente tutte le sue potenzialità. Web e monitoraggi remoti non rischieranno di scavalcarla o emarginarla? L’ospedale o il medico che cureranno da casa i loro pazienti, con videocamere e robot guidati via internet, avranno ancora bisogno di una farmacia di prossimità? Sarà solo il tempo a dirlo ma alcune esperienze già in corso – anche in Italia – suggeriscono che la sopravvivenza dipendenrà anche dalla capacità di cambiamento dei farmacisti. Di recente, per esempio, una sperimentazione condotta in ambito universitario e imperniata sulla fornitura di holter per telemedicina a un gruppo di pazienti in terapia domiciliare ha visto il coinvolgimento di alcune farmacie lombarde: i farmacisti hanno assicurato la distribuzione degli apparecchi, l’assistenza tecnica e l’addestramento dei malati, la sostituzione dei dispositivi in caso di malfunzionamento e la verifica del loro corretto uso.


E’ prevedibile quindi che, con lo sviluppo dell’Iot, le farmacie riusciranno a evitare aggiramenti se sapranno ricavarsi uno spazio nella gestione di tali dispositivi, in collaborazione con le strutture sanitarie e le uccp dei medici di famiglia. Si tratterebbe, in sostanza, di riconfermarsi nel ruolo di sportello di accesso ai servizi sanitari anche per quelle tecnologie clinico-diagnostiche che la ricerca sfornerà da qui ai prossimi anni; l’ospedale, le Regioni e il Ssn avranno certamente bisogno di operatori di prossimità che assicurino l’efficienza dei sistemi e “umanizzino” apparecchi robotizzati con cui gli anziani potrebbero trovarsi a disagio, e il farmacista è la figura che meglio di ogni altra può assolvere a tali compiti. A patto, come detto, che accetti l’idea di una professione dove il farmaco (in quanto merce) è sempre meno centrale e la “cura” (in quanto terapia e assistenza) diventa sempre più bene da dispensare. Poi ovviamente c’è il mercato privato. Negli Stati Uniti alcune catene di farmacie – come Cvs – offrono già ai loro clienti “portapillole” elettronici per l’assunzione settimanale dei loro farmaci, oppure servizi customerizzati di “reminder” via telefono o sms, per ricordare quotidianamente quando e quale pillola prendere. Non funzionerebbero anche in Italia?

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