L’apertura della titolarità al capitale aprirà per la filiera farmaceutica scenari complessi, in cui a fare da paradigma sarà il gioco del domino. Perché i mutamenti più significativi, i rovesciamenti di campo, lo spostamento degli equilibri, le concentrazioni di mercato e le acquisizioni non si limiteranno soltanto al segmento farmacia, ma interesseranno in modo consistente anche il comparto della distribuzione intermedia. E’ una delle riflessioni cui invita l’intervento di Giovanni Trombetta e Marcello Tarabusi, commercialisti bolognesi, alla II Convention Federfarma Servizi-Federfarma.Co, organizzata dal 15 al 17 ottobre a Chia (in provincia di Cagliari).
Nella loro relazione, Trombetta e Tarabusi hanno passato in rassegna gli investors potenzialmente interessati a entrare nel mercato delle farmacie: per cominciare i fondi pensione e le società di gestione del risparmio, il cui arrivo però «rimane poco probabile perché, a fronte di una discreta redditività prospettica dell’investimento, c’è molto lavoro da fare in cambio di impieghi modesti»; poi i family offices, ossia società di servizi che gestiscono il patrimonio finanziario di una o più famiglie facoltose, una carta già più probabile «considerato il tessuto imprenditoriale italiano, fortemente legato al proprio territorio»; infine il capitale di provenienza industriale: distributori (tramite equity o strumenti di debito convertibile), Big Pharma (già attive in altri paesi nel retail farmaceutico) e operatori della Sanità privata.
Alle farmacie interessate a sfruttare le opportunità del capitale industriale, hanno continuato Trombetta e Tarabusi, verrebbero verosimilmente proposte affiliazioni imperniate su programmi di branding/franchising, tagli alle dilazioni di pagamento, scontistica aggressiva per alzare i margini e acquisti su percentuali minime obbligatorie. Dal lato del capitale finanziario (fondi o family offices) la partecipazione alla titolarità si concretizzerà verosimilmente in sottoscrizioni di quote (minoritarie o maggioritarie) oppure in concessione di finanziamenti a medio termine, magari convertibile.
Di certo, hanno osservato i due esperti, una volta approvato definitivamente il ddl concorrenza si concretizzeranno rapidamente alcune dinamiche di fondo. Innanzitutto scatterà il cosiddetto “cherry picking”: il capitale, cioè, cercherà di “entrare” nelle farmacie più interessanti, quelle con promettenti margini di crescita e miglioramento; la relazione tra distributore intermedio e farmacia cesserà di risolversi nel binomio dilazione-altri oneri e diventerà principalmente finanziaria; i distributori cercheranno di togliere dal mercato le farmacie partecipate o finanziate, così come quelle aderenti ai propri programmi di affiliazione/franchising, per impedire l’ingresso ad altri distributori.
Lo scenario che ne deriverà, di conseguenza, potrebbe rivelarsi “ostico” non tanto o non solo per le farmacie, quanto per quei grossisti medio-piccoli che a causa di una capacità finanziaria ridotta non potranno proporsi nella veste di soci di capitale. Tali operatori, in particolare, dovranno fare i conti con fenomeni di “adverse selection” (rimarranno soltanto le farmacie che versano in grosse difficoltà) e con una contrazione del mercato aggredibile: i contratti di affiliazione/franchising con cui i distributori più forti cercheranno di “legare” le farmacie associate o partecipate, in sostanza, toglieranno clientela ai più piccoli. Che nel tempo saranno costretti a scelte difficili per riuscire a sopravvivere. L’effetto domino, appunto.
L’effetto domino del capitale
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