Lo psicologo in farmacia

Lo psicologo in farmacia

Tra le attività della Farmacia dei Servizi rientra sicuramente quella della diffusione e promozione della cultura del benessere e della salute psicologica. In questo senso, un valido alleato può essere rappresentato dallo “Psicologo in Farmacia”, ovvero un servizio di consulenza psicologica strutturato, individuale o di coppia, da proporre all’interno della farmacia. Abbiamo intervistato Fiorella Palombo Ferretti (nella foto), psicologa e presidente dell’associazione no profit Anpif (Associazione Nazionale Psicologi in Farmacia) che ci ha illustrato scopi, modalità e normativa.

Perché uno psicologo nell’ambito della farmacia?

La farmacia è un contesto famigliare. È nell’identità stessa della farmacia quella di essere percepita come un luogo affidabile, collocato nel quartiere, vicino in tutti i sensi. Un posto in cui trovare risposte alla salute e al benessere ad ampio spettro e da questo spettro non possiamo escludere il malessere psicologico. Purtroppo esistono un retaggio culturale e uno stigma sociale che hanno portato le persone a nascondere il disagio psicologico o a banalizzarlo: “anche io soffro d’ansia”. In questo senso la farmacia diventa un presidio fondamentale per intercettare il malessere prima che si strutturi in una patologia e per dialogare con quella fascia di popolazione che si sente in ansia ma non chiede aiuto.

Perché una persona che avverte un disagio psicologico dovrebbe andare dal farmacista e non dal medico?

Perché quando prendo appuntamento dal medico so già di avere un disturbo, in farmacia invece vado per parlare di qualcosa che mi preoccupa. Non dimentichiamoci che fino a non troppi anni fa quando le persone avevano bisogno di aiuto esistevano il prete, il carabiniere e il farmacista. Il presidio psicologico in farmacia va proprio nella direzione di dare la possibilità alla Farmacia di ritrovare la sua identità.

Ci spieghi meglio.

Nessuna farmacia può reggere nel lungo periodo la concorrenza solo sul prodotto, è una logica  perdente. Decidere di proporre un presidio psicologico ai propri clienti va ben oltre la fidelizzazione della clientela, aiuta il farmacista a riappropriarsi del proprio ruolo perché ricordiamoci che nel front office c’è proprio il farmacista che, attraverso la proposta dello psicologo, diventa un collante nella relazione tra domanda e risposta.

A che tipo di utenza pensa?

Penso a tutti i problemi legati all’invecchiamento, a vissuti di natura depressiva e stressogena. A tutti i caregiver, che sono moltissimi e ad altissimo rischio. E penso molto anche ai giovani: purtroppo ci sono tanti ragazzi e ragazze che convivono con il disagio psicologico e magari si rifugiano in internet, dove assumono maschere e si isolano progressivamente dalla propria realtà. Difficilmente frequentano gli sportelli psicologici scolastici perché hanno paura di essere visti, giudicati da coetanei e genitori. E penso anche ai genitori che non riescono a dialogare con i figli adolescenti. Ci sono tante aree del disagio che se non vengono intercettate per tempo possono generare disturbi più importanti.

Esiste una formazione specifica per il farmacista che decide di attivare il servizio dello psicologo nella propria Farmacia?

Il farmacista deve conoscere l’organizzazione dei servizi sociali e sanitari del territorio di riferimento, deve essere capace di fare un colloquio di counseling sanitario e di attivare un ascolto attivo empatico. In questo senso, la conoscenza delle persone facilita il dialogo. Ma una relazione di questo tipo può nascere in un contesto non da “numerino”. O perlomeno, nelle farmacie in cui le persone si mettono in coda con il numero in mano, deve essere presente un’assistenza parallela per l’ascolto dei bisogni non mordi e fuggi.

Quali sono le modalità in cui si può strutturare il servizio?

Il farmacista propone l’incontro con lo psicologo. I colloqui (di trenta/quaranta minuti) possono essere uno o massimo due ripetibili perché la farmacia è sempre il primo presidio, poi avviene eventualmente l’invio ai servizi territoriali. È naturalmente vietato l’auto-invio. Noi come Anpif chiediamo che i colloqui in Farmacia siano gratuiti, quindi offerti dalla Farmacia stessa.

Esiste una normativa che regola il servizio?

In Italia l’unico protocollo di intesa sottoscritto per favorire l’entrata dello psicologo nella Farmacia con l’attenzione ai vincoli normativi, giuridici ed etici e per fare in modo che il servizio venga attivato senza rischi è il protocollo di intesa siglato da Federarma Veneto e Anpif. Per esempio ci sono diverse questioni legate alla privacy, la farmacia dovrà essere attrezzata con una stanza che garantisca appunto la riservatezza. Ci sono tante farmacie che ci contattano e che desiderano aprire il servizio ma chiaramente è impossibile prescindere dai vincoli legati allo spazio fisico.

Quante sono le farmacie in Italia che hanno avviato il servizio?

Non abbiamo un numero preciso, contiamo 300 psicologici associati ad Anpif. Per attivare il servizio è indispensabile un contratto approvato tra la farmacia e lo psicologo o tra la farmacia e Anpif che regolarizzi la posizione in caso di controlli.  A parte il contratto e la stanza che garantisce la privacy non ci sono grandi complicazioni e siamo certi che si tratta di un servizio che rappresenta una grande opportunità per intercettare bisogni inespressi delle persone, in un’ottica di prevenzione. Però il punto di partenza è sempre una relazione di fiducia tra la Farmacia e il suo territorio di riferimento: questa base solida non può mancare.

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