Prezzi, la chiave ora è “ascoltare” il mercato

Prezzi, la chiave ora è “ascoltare” il mercato

Le dinamiche di acquisto degli italiani sembrano evolversi. E privilegiare i prodotti “premium” a scapito del cosiddetto “primo prezzo”. E’ la fotografia che arriva dalle ultime rilevazioni della società di ricerche Iri: negli ultimi sette anni i consumi nella fascia premium sono cresciuti dal 17 al 18,3%, quelli nella fascia prezzo medio sono calati dal 78,3 al 77,2% e quelli della fascia primo prezzo dal 4,7 al 4,2%.


I dati hanno spinto molti osservatori a parlare di esplosione dei prodotti con posizionamento premium e di crollo dei primi prezzi, e alcuni hanno addirittura pronosticato la fine del prezzo medio. Non è però l’opininone di tutti: tra gli esperti, infatti, c’è anche chi fa notare che sull’arco temporale esaminato da Iri (dal 2008 ai primi mesi del 2015) le variazioni avvantaggiano sì la fascia premium, ma gli spostamenti di valore rimangono attorno all’uno per cento e quindi sono trascurabili.


In un articolo su Retail Watch, addirittura, Luigi Rubinelli offre una lettura dei dati di Iri decisamente controcorrente: lo spostamento degli acquisti nelle diverse fasce prezzo è lento se non lentissimo; la fascia prezzi premium non raggiunge ancora il quinto del mercato; i primi prezzi calano ma non crollano; il prezzo medio, la pancia del mercato, perde un punto percentuale, cioè poco. «Il mercato» è la conclusione «è ancora fatto di prezzi medi ed è questo lo scenario con cui fare i conti nella battaglia dei volumi».


E la farmacia? A quali riflessioni induce il dibattito sui prezzi? “Oggi i titolari più che dare risposte dovrebbero ascoltare il mercato” è l’analisi di Nicola Posa, senior partner di Shackleton Consulting “è quello che stanno facendo le multinazionali con cui lavoro, dovrebbero seguire lo stesso percorso anche i farmacisti: vedo spesso nelle farmacie un grande disordine nei prezzi medi praticati, ci sono punti vendita che sono carissimi sui prodotti per la salute dei capelli e bassissimi sull’igiene del bambino. Conseguenze di una gestione improntata alla quotidianità piuttosto che di una strategia studiata a tavolino”. Per Posa, in sostanza, non si può più lavorare sulle impressioni: “Il titolare deve imparare a ragionare sui numeri, non sulla pancia. E deve metersi a fare la navetta, che significa andare su e giù per i supermercati della zona e vedere cosa vendono, come e a quali prezzi”.


Dietro alle politiche di pricing, in sostanza, ci dovrebbe essere un lavoro scientifico. “Prima l’analisi” dice ancora Posa “poi le scelte strategiche. Come ho detto, l’errore che noto con maggiore frequenza è la polarizzazione: prezzi troppo alti o troppo bassi. E ancora, prodotti in fascia bassa che la farmacia proprio non dovrebbe avere: non perché sono troppo economici, ma perché non hanno motivo di stare lì. L’immagine della farmacia non deve essere quella di un punto vendita caro, ma “sano””.

Perplessità sui dati di Iri arrivano invece da Marco Mariani, direttore marketing & Responsabile della rete Farmondo, il network toscano afferente a Cef. “La mia impressione” dice “è che i consumi si spostano verso la fascia premium soltanto perché chi acquista solitamente nelle fasce di prezzo più basse compra meno di prima, a causa della crisi. In farmacia, in ogni caso, non noto segnali che confermano le tendenze fotografate da Iri”. Piuttosto, se si deve parlare di prezzi in farmacia, è per rilevare che permangono le cattive abitudini storicamente impresse nel dna dei titolari: “I prezzi sono spesso quelli consigliati dalle aziende” osserva Mariani “perché manca la sensibilità per definire politiche autonome di pricing. E quando ci sono, si risolvono sovente in un piatto e svilente 3×2, oppure in promozioni che non obbediscono alle regole e si protraggono per due mesi anziché venti giorni”. Anche in questo caso, il motivo è la dipendenza della farmacia dalle strategie commerciali delle aziende: “I produttori vengono in farmacia e propongono al titolare una campagna promozionale già confezionata; il farmacista accetta e non si rende conto che così l’azienda scarica sulle sue spalle tutto il rischio d’impresa e gli riempie il magazzino. I farmacisti dovrebbero guardare a quello che sta accadendo nella gdo: sono state fatte così tante promo, in questi anni di crisi, che ormai il consumatore si è stancato e assuefatto: compra solo prodotti in promo perché ormai è lo status quo e fa sempre più fatica a “leggere” i prezzi, perché non si fida”.

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