Dalla firma dell’allora Ministro della Salute, Roberto Speranza, nel giugno del 2022, che ha dato il via al progetto delle Case di Comunità ad oggi sono passati tre anni. La loro realizzazione è discontinua nelle diverse Regioni: per esempio in Lombardia a luglio 2025, su un totale di 216 Case della Comunità previste dal PNRR e dal Piano regionale, ne erano già attive 142 (65%), ma il Sud conta numeri molto più bassi. Un passo in avanti è però stato fatto con la pubblicazione delle Linee di indirizzo, approvate recentemente dalla Conferenza Stato-Regioni.
Un luogo fisico, facilmente identificabile dai cittadini
Il documento delinea le prime indicazioni operative per la definizione delle attività a rapporto orario che i medici del ruolo unico di assistenza primaria sono chiamati a svolgere all’interno delle Case della Comunità, riconosciute dalla Regione, in favore di tutta la popolazione di riferimento previste dal nuovo modello dell’assistenza territoriale.
In particolare, -secondo quanto riportato nelle Linee Guida- il modello organizzativo e di servizio “relativo alla Casa di Comunità (CdC) traduce il principio dell’assistenza di prossimità per la popolazione di riferimento e permette che i professionisti lavorino insieme attraverso la continuità dei luoghi di lavoro, l’integrazione delle autonomie professionali e dei processi operativi al fine di rispondere ai bisogni della popolazione secondo il modello del chronic care model”. La CdC è una struttura facilmente riconoscibile, accessibile e raggiungibile dalla popolazione di riferimento; è il luogo fisico, di prossimità e di facile individuazione al quale i cittadini possono accedere per bisogni di salute che richiedono assistenza sanitaria e sociosanitaria a valenza sanitaria, offrendo i necessari collegamenti con i servizi sociali per gli interventi socioassistenziali.
La Casa di Comunità deve essere facilmente identificabile dai cittadini e deve diventare “luogo di contatto e di relazioni che vanno oltre i muri, creando così connessioni con servizi presenti e in ridefinizione organizzativa della rete dell’assistenza territoriale tra i quali, le Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT), gli ospedali per acuti, i poliambulatori e i consultori, gli Ospedali di comunità (OdC), le Centrali operative territoriali (COT), la Centrale Operativa 116117, l’Unità di Continuità Assistenziale, le farmacie dei servizi, i Punti Unici di Accesso (PUA), i Servizi Sociali dei Comuni, le associazioni del Terzo Settore”. La farmacia dei servizi fa dunque parte della rete dell’assistenza territoriale che si dovrà coordinare con le CdC.
Inoltre, nel documento viene specificato che, allo scopo di rinforzare la rete di offerta delle cure primarie, nelle Case di Comunità è garantita l’assistenza medica con la presenza dei medici del ruolo unico h 24, 7 giorni su 7. L’orario di attività articolato nell’arco delle 24/12 ore giornaliere permette alla CdC di svolgere funzioni di primo livello disponendo di competenze cliniche e strumentali adeguate a fornire risposte a situazioni di minore criticità e bassa complessità e a garantire una prima risposta sanitaria sul territorio”.
Tra le altre attività che i medici delle CdC dovranno fare ci sono quelle orientate alla presa in carico della cronicità e della fragilità che hanno valenza multiprofessionale in integrazione con infermieri e specialisti secondo lo specifico bisogno.