Il deblistering rientra ‘tra le attività proprie del farmacista’, secondo un recente parere del Consiglio di Stato. L’attività di estrarre i farmaci dai loro blister originali, per riconfezionarli in dosi personalizzate adatte alle esigenze del paziente, è una attività che ha molti vantaggi per il paziente stesso e offre opportunità per la farmacia dei servizi.
PharmaRetail monitora gli sviluppi normativi sul deblistering, uno strumento prezioso per l’aderenza alla terapia e per la gestione ottimale delle scorte. Abbiamo chiesto a Paola Minghetti (nella foto), docente di Tecnologia, socioeconomia e legislazione farmaceutiche presso la facoltà di Scienze del farmaco dell’Università di Milano e presidentessa della Società italiana farmacisti preparatori, di commentare il parere del Consiglio di Stato e spiegare le potenzialità di questa attività della farmacia.
Il Consiglio di Stato con il parere vincolante (n. 00992/2025 del 2/09/2025) ha affermato che il deblistering è attività lecita e pienamente rientrante nelle prerogative professionali del farmacista. Ci può spiegare che cosa significa?
Il presupposto che sottende a questo parere è che l’industria farmaceutica adotta dei confezionamenti standard, ovviamente perché a livello industriale è impossibile pensare di farli personalizzati. Oggi, però, sono sempre più frequenti pazienti anziani politrattati, spesso gestiti da caregiver che non sono operatori sanitari. Quindi la somministrazione dei farmaci e l’aderenza del paziente a quella che il medico individua essere la terapia migliore per loro, a volte a casa -ma anche nell’RSA- può diventare complicato. Quello che è successo negli ultimi anni è che grazie allo sviluppo delle tecnologie, sono disponibili nuovi sistemi per fare confezioni personalizzate in modo più economico di 20 anni fa, quando i macchinari erano enormi e costosi. Adesso grazie alla tecnologia i macchinari sono più piccoli e anche più economici, quindi il confezionamento personalizzato è possibile anche in farmacia. Sottolineo che preferisco non utilizzare il termine deblistering, che si riferisce solo al concetto negativo di sconfezionamento, quando in realtà si sconfeziona solo per fare un confezionamento personalizzato. Quello che di fatto si vuole fare è un confezionamento per rendere la somministrazione del farmaco più facile, per favorire l’aderenza terapeutica e, altra cosa, forse ancora più importante, ridurre gli errori.
Da cosa nasce questo parere del CdS?
Quello che è successo è che non esistendo una norma nazionale che vieta lo sconfezionamento, alcune Regioni, in modo sparso, come la Regione Lombardia, si erano mosse negli anni scorsi per predisporre un documento tecnico-organizzativo per regolamentare l’attività sul territorio. Altre Regioni avevano invece espresso un orientamento negativo. In questo contesto, una farmacia piemontese che, avendo notificato all’Asl di riferimento l’intenzione di avviare il servizio, si era vista opporre un rifiuto, giustificato dalla mancanza di una normativa nazionale dettagliata e di disposizioni regionali specifiche, ha successivamente chiesto il parere del Consiglio di Stato. Alla luce del fatto che anche la Regione e il ministero della Salute avevano ribadito che, senza regole precise, il deblistering non poteva considerarsi autorizzato se non in presenza di una disciplina regionale dedicata. Il Consiglio di Stato ha invece dato il suo parere vincolante: il deblistering rientra tra le attività del farmacista essendo stata assimilata alle preparazioni galeniche che, da sempre, si svolgono in farmacia senza autorizzazioni particolari, ma nel rispetto delle Norme di buona preparazione contenute nella Farmacopea ufficiale.
Quindi adesso cosa cambia per il farmacista?
La possibilità di fornire confezionamento personalizzato, con lo scopo di aumentare l’aderenza e ridurre l’errore, è un servizio che il farmacista fornisce al paziente, nell’ambito dell’evoluzione della farmacia dei servizi. Questo parere di fatto sostiene quello di cui noi come società scientifica Sifap eravamo già convinti: si può fare, nell’ambito della farmacia dei servizi, seguendo le norme tecniche. In questo senso il CdS plaude a quello che ha fatto la Regione Lombardia, indicando le procedure stese dalle società scientifiche, ovvero SIFAP e SIFO, per effettuare questa attività di confezionamento personalizzato. Io penso che sia la strada più corretta, ovvero che le società scientifiche diano l’operatività, attraverso la procedura tecnica, e successivamente le Regioni regolamentino gli aspetti più amministrativi, come l’obbligo per le farmacie in Lombardia di comunicare se effettuano questo servizio. Anche in vista della possibilità un domani che questo servizio, oggi a carico del cittadino, venga effettuato in regime di Ssn: perché se serve per migliorare la terapia, contenere i consumi, ridurre il margine di errori, potrebbe essere conveniente che venga offerto, in alcuni casi, ai pazienti dal sistema sanitario nazionale.
Dove è possibile trovare le procedure Sifap e Sifo?
Si trovano nel sito di Sifap e nel sito di Sifo perché le due associazioni collaborano, ormai dal Covid in poi, per elaborare procedure condivise che siano di aiuto al farmacista.
In futuro, si arriverà a fare delle confezioni personalizzate anche per le terapie antibiotiche? Pensiamo per esempio a quello che viene già fatto in UK.
Dunque la questione degli antibiotici è duplice, da una parte scongiurare il misuso, quindi evitare che rimangano dosi in più e che queste possano poi essere usate in maniera scorretta, dall’altra, purtroppo, abbiamo dovuto affrontare situazioni di carenza di farmaci. Sarebbe dunque interessante consegnare al paziente non tutta la confezione, ma esclusivamente il numero di dosi realmente necessarie. In Emilia Romagna esiste un cronoprogramma per la realizzazione delle attività ascrivibili alla farmacia dei servizi che comprende l’allestimento personalizzato della terapia antibiotica, proprio per l’esigenza di risolvere il problema delle carenze, ma anche di evitare lo spreco e le possibili ricadute sull’ambiente. Quindi iniziano a esserci delle sperimentazioni regionali, ma è un tema che richiede un confronto a livello nazionale, per consentire che l’attività venga svolta in modo uniforme.