Consorzio Dafne, Co-create the future: l’evoluzione dell’ecosistema healthcare

Consorzio Dafne, Co-create the future: l’evoluzione dell’ecosistema healthcare

Giovedì 5 ottobre si è tenuto a Milano l’evento annuale del Consorzio Dafne, la Community B2b no profit che connette quasi un migliaio di aziende della filiera healthcare, a cui ha partecipato PharmaRetail.

Con il titolo “Co-Create the Future”, ha riunito un pool eterogeneo di esperti che hanno condiviso visioni e prospettive sul futuro della filiera: Nino Cartabellotta, Presidente Fondazione GIMBE; Giusella Finocchiaro, Professoressa Ordinaria Diritto privato Università di Bologna; Erika Mallarini, Associate Professor Government, Health and Not for Profit Department SDA Bocconi; Alberto Mattiello, Business Futurist; Alberto Redaelli, Coordinatore Sezione Bioingegneria DEIB Politecnico di Milano.

Nel suo intervento Alberto Mattiello ha messo in luce le sfide più urgenti dell’attuale mercato del lavoro e quindi anche della filiera healthcare: la mancanza di manodopera che è ormai presente in tutta la catena del valore, l’intelligenza generativa di cui ChatGPT è solo una delle tante piattaforme. L’invito alle aziende è di non farsi travolgere dall’innovazione ma di integrarla, trovando un posto dove «mettere in discussione tutto quello che facciamo creando una zona franca dove l’azienda può sperimentare».

Nino Cartabellotta ha sottolineato lo stato di (pessima) salute del SSN che ha definito un “malato cronico” tra mancanza di risorse, sprechi, inefficienze, differenze dei costi di acquisto tra una regione e l’altra, complessità amministrative: «Un sistema sanitario che era già indebolito quando si è affacciato alla pandemia e che poi è stato pesantemente impattato dai problemi di salute mentale post Covid, dalle liste d’attesa, dalla mancanza di personale e dallo scarso investimento sul capitale umano. Un impoverimento che ricade soprattutto sui cittadini» e ha aggiunto: «Nel 2010 la nostra spesa era in linea con la media europea, ora siamo molto al di sotto. La politica deve fare una seria riflessione nell’ottica di un rilancio progressivo del SSN, ci saranno le risorse del Pnrr ma è necessaria una prospettiva».

Alberto Redaelli ha messo in luce i numeri della filiera healthcare: «Indubbiamente un settore trainante per l’Italia e per l’Europa, soprattutto l’ambito delle tecnologie mediche. Però, rispetto ad altri Paesi, in Italia ci sono poche start up e la ragione è nota: facciamo poco investimento in ricerca e sviluppo, siamo molto al di sotto della media UE. La ricerca in Italia si fa soprattutto nelle grandi aziende».

Giusella Finocchiaro ha parlato delle sfide e delle opportunità legate alla protezione dei dati personali nell’ambito della ricerca scientifica, un altro ambito in cui l’Italia si posiziona indietro rispetto all’Europa: «l’Europa si sta muovendo per far circolare e valorizzare i dati sanitari, noi siamo molto più difensivi e un approccio così rigido è poco favorevole alle imprese e all’economia. C’è spazio per trovare altre soluzioni, utilizzando gli strumenti che vengono dai regolamenti europei».

Erika Mallarini ha affrontato il tema della sostenibilità della filiera healthcare: «Viviamo una crisi economica non inaspettata ma che sta scardinando molte ipotesi che avevamo fatto sul futuro: ci mancano medici, infermieri, farmacisti, sta cambiando il modello di offerta sanitaria e si affacciano nuovi player B2b, cambiano anche rapidamente i valori dei pazienti».

Nel sottolineare a sua volta che «esiste un sistema sottofinanziato in termini di investimenti e di spesa pubblica e c’è un’enorme crisi di risorse umane nella filiera, molti medici andranno in pensione nei prossimi anni e non siamo pronti a sostituirli e c’è una mancanza cronica di infermieri» ha messo l’accento sul fatto che «il sistema cambierà con la nuova organizzazione territoriale della sanità, ci saranno nuovi soggetti come le Case di Comunità. Come cambierà la supply chain? Chi comprerà il farmaco? Dove verrà recapitato? Se cambia tutta la geografia dei servizi pubblici e privati e il sistema di offerta, cambia tutta la filiera del farmaco». E ha aggiunto: «Molto probabilmente non ci sarà un modello unico ma questo può essere positivo, la varietà non è “brutta” basta saperla gestire. Come azienda farmaceutica devo sapere che cosa succede, se per esempio una Casa di Comunità è principalmente indirizzata alle cure primarie o a pazienti fragili specifici. Il soggetto prescrittore cambia, cambiano gli attori. Prima dovevo relazionarmi a una farmacia di comunità oppure ospedaliera, adesso nella geografia entrano più soggetti e attori, come le healthclinic. Un altro grande tema è quello del deblistering. In questa nuova geografia, a seconda della Casa di Comunità con cui mi relaziono succederà una cosa diversa, i processi non sono più univoci».

Gli esperti hanno infine risposto a queste domande: “Quali sono i rischi e le opportunità più grandi nella filiera healthcare?” e “Qual è il compito in cui impegnarsi fin da subito”?

Alberto Mattiello ha detto: «Il rischio più grande è quello di stare fermi, in un mondo che cambia velocemente l’inerzia è pericolosissima. Invece l’opportunità la intravedo nella tecnologia che ci permette di recuperare risorse. Il compito? Testare ogni giorno le intelligenze artificiali».

Ha concordato Giusella Finocchiaro: «Il rischio più grosso anche dal mio punto di vista è quello di stare fermi, non valorizzare e non far circolare i dati che rappresentano un’enorme ricchezza scientifica. Questo naturalmente non significa metterli in vetrina, la sfida è il bilanciamento tra riservatezza e protezione».

Nino Cartabellotta ha ribadito a sua volta: «la necessità di lavorare sulla condivisione dei dati e non sulla segregazione».

Alberto Redaelli ha sottolineato l’ urgenza di un impegno per «creare un ecosistema che permetta la compresenza di talenti, cooperazione e competizione. Gli “Innovation District” che riuniscono più attori, aziende comprese, possono rappresentare un grande volano anche per attirare venture capital. Il nostro compito è di sviluppare una cultura dei talenti, portarli nel mondo produttivo, fare in modo che anche le aziende entrino in percorsi post laurea o post diploma».

Erika Mallarini ha concluso: «La più grande opportunità dal mio punto di vista è la collaborazione fra le generazioni, non diamo abbastanza spazio a chi potrebbe aiutarci ovvero le nuove generazioni che sono quelle che fanno i compiti con ChatGPT.  E portiamo nelle aziende la cultura dell’errore, che vuol dire uno spazio dove si è liberi di sperimentare».

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