Distribuzione per conto cresciuta nel 2020 e nel 2021: ora serve un nuovo equilibrio

Distribuzione per conto cresciuta nel 2020 e nel 2021: ora serve un nuovo equilibrio

Tra gli effetti della pandemia sulla distribuzione del farmaco c’è da registrare l’inversione di tendenza del ricorso alla Dpc. Se, infatti, prima del 2020 era in continua crescita la distribuzione diretta a scapito di quella “per conto”, l’emergenza da Covid-19 ha portato in farmacia molti più farmaci di un tempo. Federfarma, in audizione in Commissione Affari Sociali della Camera, chiede che sia trovato un nuovo equilibrio.

Nel 2020 crescita del 13%, nel 2021 dell’8%

La distribuzione diretta si è sviluppata in modo consistente, nell’arco dell’ultimo decennio, a seguito di diverse disposizioni legislative, per garantire la continuità assistenziale tra ospedale e medicina territoriale, per monitorare l’appropriatezza di utilizzo di determinati medicinali e agevolare l’accesso ai medicinali da parte di specifiche categorie di pazienti. Inoltre, questo tipo di distribuzione nasce per salvaguardare la gestione finanziaria del Servizio sanitario nazionale, mediante il contenimento della spesa farmaceutica.

Questa modello di distribuzione avviene secondo due modelli: il primo consiste nell’erogazione del medicinale all’assistito attraverso le strutture delle aziende sanitarie, la distribuzione diretta propriamente detta; un secondo modello, la distribuzione per conto, prevede un accordo tra Regione/Azienda sanitaria locale e distributore – grossista e farmacia territoriale – per la distribuzione del medicinale all’assistito.

«La pandemia, grazie all’attivazione di una serie di disposizioni legislative, ha portato a un aumento del ricorso alla distribuzione per conto dei farmaci, e su base nazionale, nel confronto tra 2020 e 2019, la distribuzione diretta è diminuita a volumi del 13%, e la Dpc è aumentata del 13%. Analogamente nel 2021 vs 2020 di nuovo diminuzione della diretta del 10% e aumento della Dpc di circa l’8%» ha affermato Marco Cossolo (nella foto), presidente di Federfarma durante, l’intervento in audizione in Commissione Affari Sociali della Camera, per l’Indagine conoscitiva in materia di Distribuzione diretta approvata dalla Commissione. Ora «a nostro avviso va trovato un equilibrio per ottemperare le necessità in gioco», ha auspicato Cossolo.

Quello che chiedono i farmacisti è che alcuni farmaci per modalità di somministrazione e di controllo e intensità di cura siano consegnati e dispensati in ospedale; per esempio gli anticorpi monoclonali, che necessitano una somministrazione per infusione lenta. Mentre altri farmaci, che hanno necessità di una prima somministrazione in struttura protetta, possono poi successivamente, per l’uso comune a domicilio, andare sul territorio; per questi si potrebbe passare alla Dpc. «Questo farebbe sì che il paziente possa trovare il farmaco e il supporto all’uso corretto del farmaco nella farmacia di fiducia sotto casa. Il tutto in sinergia tra medicina del territorio e farmacia di comunità, che è sempre aperta» ha spiegato Cossolo. Per questa seconda categoria di farmaci si dovrebbe adeguare anche la remunerazione delle farmacie: «Sono farmaci a elevatissimo costo dove l’incidenza dell’onorario professionale, che è mediamente di cinque euro, ha una rilevanza economicamente esigua», ha sottolineato il presidente di Federfarma.

Infine, secondo i farmacisti, per una terza categoria di farmaci, che sono ancora classificati come innovativi – quindi in distribuzione diretta – ma ormai vecchi di 20 anni, non c’è alcuna necessità che il cittadino si rechi in un ospedale. Su questi stanno già intervenendo: con la Nota 98 per i nuovi farmaci anticoagulanti, la Nota 99 sui farmaci respiratori e la Nota 100 sui i nuovi farmaci antidiabetici.

Sul tema è intervenuta anche Assofarm. «C’è bisogno di armonizzare le regole per quanto riguarda i farmaci distribuiti per conto nelle varie Regioni. Siamo consapevoli che non si può superare la diretta, soprattutto per alcuni farmaci, ma siamo convinti che la Dpc, così come è strutturata, debba essere meglio definita e legiferata in termini omogenei su tutto il territorio nazionale», ha commentato Venanzio Gizzi, presidente dell’associazione delle farmacie comunali.

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