Welfare aziendale? Ancora insufficiente, secondo i dipendenti. Anche in farmacia si potrebbe fare di più

Welfare aziendale? Ancora insufficiente, secondo i dipendenti. Anche in farmacia si potrebbe fare di più

L’esigenza di conciliare vita lavorativa e vita privata è emersa con più forza dopo l’emergenza pandemica. Il benessere mentale e la salute hanno assunto una rilevanza nelle richieste dei lavoratori, parallelamente alle difficoltà della medicina territoriale e alle difficoltà del Ssn. Le aziende si sono adeguate proponendo soluzioni di welfare: sempre più spesso lanciano iniziative per migliorare la qualità della vita dei lavoratori, con l’offerta di varie tipologie di benefit. Una esigenza, quella di avere a disposizioni servizi di benefit aziendale, che emerge anche nelle richieste dei giovani farmacisti.

Inserire il welfare aziendale nel contratto nazionale dei collaboratori di farmacia

Da una recente ricerca dell’Osservatorio Sanità di UniSalute, che ha interrogato un campione nazionale di 1.200 persone sulle misure di welfare aziendale, in particolare per quanto riguarda l’ambito della salute e dei servizi a essa dedicati, è emerso che le iniziative in atto non sono ritenute sufficienti.

Secondo quanto emerso dal sondaggio, solo il 33% degli intervistati è d’accordo con l’affermare che l’azienda in cui lavora ha a cuore il suo benessere e la sua salute. Andando ad analizzare la reale diffusione delle misure di welfare aziendale, risulta come il servizio offerto più spesso sia quello dei buoni pasto o della mensa, fornito da un’azienda su due (50%). Al secondo posto ci sono i servizi di sanità integrativa (46%), seguiti dai percorsi di formazione (42%), dai fondi pensione (39%) e dai buoni spesa/gift card (29%). Ma c’è anche chi lavora in aziende che non hanno alcun piano di welfare aziendale: il 79% di essi vorrebbe che il proprio datore di lavoro cominciasse a introdurlo, e la medesima percentuale desidererebbe fosse inclusa anche la sanità integrativa (79%).

Tra i servizi relativi alla salute, più popolari tra coloro che hanno la possibilità di accedervi, risulta al primo posto il rimborso delle spese per visite ed esami (svolti privatamente o tramite il Ssn), sfruttato dal 71% dei dipendenti; seguono le prestazioni mediche in convenzione a prezzi agevolati (68%) e i pacchetti di prevenzione e check-up (60%). Ancora poco diffusi, invece, benefit come i pacchetti maternità (16%), la copertura per lo psicologo/psicoterapeuta (16%) o i servizi di telemedicina (12%).

Un potenziamento del welfare aziendale potrebbe essere anche una delle soluzioni per incentivare i giovani farmacisti a tornare a lavorare dietro al banco. Essi hanno più volte espresso la necessità di inserire il welfare aziendale nella revisione del contratto nazionale dei farmacisti collaboratori. Secondo quanto dichiarato da Vladimiro Grieco (nella foto) presidente di Fenagifar in una recente intervista a Farmacista33, è «necessario inserire un’obbligatorietà contrattuale, da definire nei criteri su numero di dipendenti, orari di apertura, di welfare integrato per andare incontro alle esigenze di vita privata troppo spesso inconciliabile con quella lavorativa. Penso a forme di welfare con caregiver, babysitter, rette scolastiche, tutte sostenibili per il titolare di farmacia perché hanno una decontribuzione fiscale e sono assolutamente necessarie per rendere più semplice binomio vita privata e lavorativa». L’esigenza di introdurre forme di welfare da contratto era stata espressa da Grieco anche nell’intervista a PharmaRetail in occasione dell’ultimo numero dell’anno “2024, la Farmacia che vorrei”.

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